La “mente” in Calabria e gli affari in tutto il mondo. La Direzione investigativa antimafia descrive nella sua relazione semestrale la 'ndrangheta come una mafia internazionale ferma nel mantenere precisi riferimenti territoriali e vecchi rituali.
Le numerose interdittive antimafie emesse dalle prefetture, le inchieste della magistratura testimoniano dell’infiltrazione delle cosche calabresi nei più variegati settori: dalla raccolta dei rifiuti all’edilizia, passando dagli autotrasporti e la ristorazione.
I clan s’infilano pure negli appalti pubblici utilizzando “teste di legno” che partecipano così direttamente alla spartizione delle risorse finanziarie collettive. Nelle aree diverse da quelle di origine, i boss calabresi replicano sperimentati “modelli” criminali.
Ma quello che più inquieta della relazione della Dia è il fascino che la subcultura mafiosa ed i “modelli” che ne derivano esercitano sulle nuove generazioni. I nuovi mafiosi in Calabria, Sicilia, Puglia e Campania sono infatti molto giovani e usano strumenti di comunicazione che «consentono di aggregare velocemente gli affiliati al sodalizio e, allo stesso tempo, di rendere più difficoltosa l’intercettazione dei messaggi».
I nuovi aspiranti boss mostrano inaudita ferocia e moderne capacità di relazione incarnando il nuovo stereotipo del mafioso moderno e spietato.
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