Tre grandi appalti pubblici, l’ombra d’una cosca di ’ndrangheta e l’opaca gestione di procedure amministrative complesse azionate per assegnare risorse finanziarie: è lo scenario entro cui si sviluppa l’inchiesta “Lande desolate”. Un’inchiesta coordinata dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, dagli aggiunti Vincenzo Luberto e Vincenzo Capomolla e dai pm antimafia Camillo Falvo e Alessandro Prontera, che è costata l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore al governatore della Calabria, Mario Oliverio. L’impianto accusatorio - come riporta la Gazzetta del Sud oggi in edicola - supera lo scoglio del Riesame incassando, ieri, la conferma della misura cautelare disposta nei confronti del dirigente regionale Luigi Zinno (difeso dall’avvocato Vincenzo Adamo), dell’imprenditore Giorgio Barbieri (assistito dagli avvocati Nicola Rendace e Giovanni Passalacqua), assegnato agli arresti domiciliari con esclusione però dell’aggravante mafiosa ma che rimane sottoposto a misura cautelare; la sostituzione della misura restrittiva con l’interdizione per un anno dalla professione per l’ingegnere Carmine Guido (avvocati Filippo Cinnante e Pippo Malvasi) e Gianluca Guarnaccia (avvocato Rendace), dipendente della “Barbieri costruzioni” e il solo annullamento del provvedimento cautelare per Vincenzo De Caro, già consulente della Regione, difeso dagli avvocati Angelo Pugliese e Giuseppe Lanzino. Rimane centrale ma controversa nell’intera vicenda giudiziaria la figura del manager Barbieri, indicato in questa e in altre inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro come funzionale agli interessi della cosca Muto di Cetraro. Una ipotesi d’accusa che tuttavia non ha evidentemente trovato pieno riscontro davanti al Riesame che ha, infatti, annullato la prevista aggravante.