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L'appello del vescovo di Cassano contro l'usura: "Serve una cultura della denuncia"

Il vescovo Francesco Savino

L’usura offre una chiave di lettura trasversale per capire come da essa si generino povertà e consumo di droga e come non ci sia più differenza tra i criminali vecchio stampo e le nuove forme di malaffare reiterate dai colletti bianchi. È lo spunto di riflessione offerto dal Vescovo di Cassano, Francesco Savino, da sempre in campo contro le mafie e la criminalità in genere, che è tornato sul problema esploso in questi giorni con i numeri diffusi dalla fondazione antiusura “San Matteo Apostolo”.

Il presidente Francesco Marzano, presidente emerito di sezione della Suprema Corte di Cassazione, aveva raccontato come la struttura abbia istruito milleottocento pratiche dall’inizio della sua attività per un importo totale di oltre 18 milioni di euro.

«L’usura – spiega Don Francesco – è un fenomeno reale e presente sul nostro territorio, molto più di quanto non appaia». Sono tante, infatti, le persone usurate e strozzate in modo crudele. Artigiani, piccoli e grandi imprenditori, gente del popolo. «Per usare una espressione citata nella “Evangelii gaudium” di Papa Francesco – insiste – potremmo dire che “la realtà è superiore all'idea” perché le vittime sono impaurite e capiamo sempre più le ragioni di questa omertà diffusa». Le persone hanno paura perché, temendo di fare i nomi dei loro aguzzini, potrebbero subire pene peggiori rispetto a quelle che già subiscono quando sono sotto strozzo. Gli usurai, in pratica, investono nella forza della paura che diventa il loro schermo protettivo. Ed è qui che bisogna intervenire. «Allo stesso modo – spiega il presule – bisogna investire per andare contro questa paura. Essere punto di riferimento contro il timore di denunciare. Perché altrimenti si da vita ad un circolo vizioso. L’usura genera decadimento e povertà e per tentare di arginarla, imprenditori e artigiani, sono costretti a ricorrere nuovamente all’usura».

Ma si finisce sotto strozzo non solo per necessità di lavoro. C’è un collegamento tra azzardopatia e usura. «Molto spesso – continua il vescovo sibarita – la persona impoverita chiede soldi per giocarsi i soldi e tentando la sorte». Gratta e vinci e slot machine diventano, nell’idea di queste persone, il viatico per uscire dalla povertà. Un punto, questo, che apre il tema delle dipendenze. È chiaro come per soddisfare queste dipendenze si finisca nelle maglie dell’usura. «Oggi – dice ancora Don Savino – si è dipendenti dalle slot machine e dalla droga. Colgo l’occasione per fare una riflessione sul consumo dell’eroina, la droga degli anni ’80 e ’90 che è tornata di moda. Oggi c’è molto consumo di “Speedball”, uno mix di cocaina ed eroina al quale si aggiungono anche altre droghe leggere. Una miscela letale che ci spiega anche perché abbiamo un aumento di malati mentali».

Tornando all’usura, il vescovo cassanese ha spiegato come sia molto presente e, dal canto suo, come presidente onorario della fondazione antiusura “San Matteo apostolo”, sia a lavoro sia per la creazione di un centro d’ascolto della fondazione reperendo sempre più fondi per aiutare le persone sotto strozzo. «Ma oggi – ha chiuso – chi sono gli usurai? Bisogna chiederselo per affrontare bene il problema. Oggi fa usura non solo chi appartiene alla criminalità ma anche i cosiddetti colletti bianchi. Chi ha soldi e approfitta degli alti tassi di interesse delle banche».

L’usura, dunque, offre una chiave di lettura trasversale per comprendere sia il mondo della criminalità classica sia le nuove forme di delinquenza reiterate dai colletti bianchi. Serve a capire come si generi la povertà e il consumo di droga. Come se ne esce? Favorendo una cultura della denuncia.

 

 

 

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