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Operazione "Martingala" a Locri, chiuso il cerchio su 49 indagati

Il cedir è sede della procura della Repubblica di Reggio

La Procura antimafia di Reggio Calabria ha chiuso le indagini per 49 indagati coinvolti a vario titolo nell’inchiesta “Martingala”. Le indagini condotte dalla Dia di Reggio Calabria, sotto la direzione dei Sostituti Procuratori della Dda ed il coordinamento del Procuratore Aggiunto e del Procuratore Vicario hanno consentito di accertare l'esistenza di un articolato sodalizio criminoso dedito alla commissione di gravi delitti, con base a Bianco e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all'estero.

La Procura reggina ipotizza, tra l’altro, l’esistenza di un meccanismo di false fatturazioni e movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali. L'asserita organizzazione poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente definite ''cartiere'', che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all'esito delle indagini, anch'esse fittizie.

Le società avevano sede in vari paesi dell'Unione Europea (Croazia, Slovenia, Austria, Romania) e dopo non più di un paio di anni di ''attività'', venivano sistematicamente trasferite nel Regno Unito e cessate. Tutto ciò era funzionale, secondo gli investigatori, ad evitare accertamenti, anche ex post, sulla loro contabilità. Le fittizie operazioni hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l'estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte illecite, quali ''in primis'' il riciclaggio ed il reimpiego dei relativi proventi. Questo meccanismo fraudolento, mediante la predisposizione di false transazioni commerciali, ha costituito il volano per l'instaurazione di articolati flussi finanziari tra le aziende degli indagati e le società di numerosi ''clienti'' che di volta in volta si rivolgevano agli stessi per il soddisfacimento di varie illecite finalità, tra cui la frode fiscale. In questo contesto parte dei “clienti” erano imprenditori che, per l’Antimafia sarebbero: «espressione, direttamente o indirettamente, delle cosche di ’ndrangheta operanti sul territorio dei ''tre mandamenti''».

Le approfondite indagini finanziarie portate a termine dagli uomini della Dia hanno, tra l’altro, consentito di accertare che, attraverso questo collaudato meccanismo fondato sulle operazioni fittizie, si riuscivano a far transitare dai conti delle società “cartiere” flussi finanziari per diverse centinaia di migliaia di euro al mese. Questo vorticoso giro di denaro aveva termine direttamente in Italia mediante bonifici a società di comodo, oppure sui conti di società estere. Da questi conti il denaro veniva successivamente prelevato e riportato in contanti in Italia. L'organizzazione ha dimostrato anche una notevole capacità di infiltrarsi nella gestione ed esecuzione di appalti pubblici.

L'attività posta in essere dalla Dia, sviluppatasi anche grazie all'approfondimento investigativo di oltre un centinaio di Segnalazioni di Operazioni Finanziarie Sospette, pervenute anche da Fiu (Unità di Informazione Finanziaria) estere, ha interessato, tra l'altro, dinamiche criminali estrinsecatesi nella città di Reggio Calabria, svelando l'esistenza di una folta schiera di imprenditori che hanno fruito dei servigi offerti dall'associazione.

A seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini gli indagati hanno 20 giorni per poter presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al P.M. il compimento di atti di indagini, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposta ad interrogatorio

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