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'Ndrangheta, rientra in Italia dopo 22 anni di latitanza. Si fingeva bulgaro, sconterà 11 anni

Il latitante Angelo Filippini è rientrato in Italia, nella tarda serata di ieri, scortato da personale dello SCIP - Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento della Pubblica
Sicurezza.

Filippini, arrestato nell’aprile scorso dopo una latitanza di ben 22 anni, era stato rintracciato a Temara, una cittadina della costa marocchina a pochi chilometri dalla capitale Rabat, dai Carabinieri del Reparto Operativo-Nucleo Investigativo di Como dopo una lunga attività d’indagine.

Coinvolto nell’operazione «Smirne» e uomo di fiducia dell’organizzazione 'ndranghetista «Spinella-Ottinà», operante nel in particolare in Calabria e Lombardia, deve scontare oltre 11 anni di reclusione per traffico internazionale di droga.

Viveva in Marocco da almeno dieci anni, dirigeva un’impresa edile a Temara, sulla costa atlantica, spacciandosi per cittadino bulgaro, e manteneva delle strette precauzioni per evitare di essere identificato.

Angelo Filippini, 72 anni, originario di Seminara (Reggio Calabria), ultimo domicilio italiano a Rovellasca (Como), dove vivono moglie e familiari, è stato estradato la notte scorsa a
Roma dopo 22 anni di latitanza. Era coinvolto nell’operazione Smirne, che nel 1996 aveva portato a 170 arresti tra Calabria e Lombardia per le infiltrazioni al Nord di varie cosche della 'ndrangheta.

In particolare, il latitante arrestato era accusato di essere il responsabile dello stoccaggio di ingenti quantità di eroina e cocaina (circa 200 kg al mese) importate dalla Turchia, che custodiva in un suo capannone di Rovellasca, dietro compenso di 30 milioni di lire a carico, per conto del clan Spinella-Ottinà, che imperversava nella zona della provincia di Como. Filippini risultava essere amico di Diego Spinella, il capoclan assassinato nel 1993 a Turate per una faida interna ai gruppi calabresi.

I carabinieri di Como sono riusciti a tracciare gli ultimi dieci anni del latitante in Marocco seguendo varie tracce, da quelle dei familiari a quelle del denaro a lui riconducibile, fino a quando, nell’aprile scorso, era stato riconosciuto grazie alla mutilazione del dito medio della mano destra ed arrestato dalla Gendarmeria Reale marocchina.

Al momento è stato trasferito nel carcere di Rebibbia.

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