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Cannes, 'ndrangheta o futuro: la scelta di Chiara

Applausi alla Quinzaine per il regista di origine calabrese Joan Carpignano e per il suo film girato a Gioia Tauro. Che porta al cinema una Calabria non arcaica ma moderna, con tutte le sue contraddizioni

Un destino segnato si può sempre cambiare ma a volte il costo è altissimo, vale per tutti ma per alcuni di più se, come accade in A Chiara di Jonas Carpignano - applaudito alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes - tuo padre traffica con la droga ed è costretto alla latitanza. Un protocollo legislativo, “Liberi di scegliere” ideato dal presidente del tribunale dei minori Roberto di Bella per togliere i minori in serio pericolo psichico e anche fisico all’interno delle famiglie di mafia e farli crescere altrove con famiglie pronte ad accogliere, secondo moltissimi è uno dei pochi fari di speranza in terre condizionate dalla malavita organizzata, dalle ’ndrine.

Per spezzare un cerchio: alla base c’è l’idea che essere “figli di” non è un colpa ma è una condizione difficile dalla quale si può uscire se si ha fiducia nello Stato. Ma consumare lo strappo dalla famiglia è davvero arduo come si vede nel film. «È il terzo che giro a Gioia Tauro», dice con entusiasmo Jonas Carpignano, il regista di origine italiana, con cittadinanza americana, l’accento calabrese che sbuca fuori e un padrino cinematografico d’eccezione come Martin Scorsese. Carpignano è stato premiato con il David di Donatello nel 2018 per ” A Ciambra”. Il film, che racconta una storia ambientata nel ghetto gioiese, ha ottenuto anche il premio come miglior montaggio andato ad Alfonso Goncalves ed era stato scelto anche per rappresentare l’Italia agli oscar come film straniero.

«Non ho mai visto una sparatoria, non si può negare che ci sia un tessuto sociale difficile e complesso ma vivere qui non è come ci hanno abituati le fiction, è molto più normale, è un microcosmo, un laboratorio di globalismo, con giovani non diversi da tutti gli altri. La differenza - prosegue - è che tuo padre si può trovare a fare un lavoro malavitoso e non sempre è una scelta ma l’unica cosa possibile e al tempo stesso amare la tua famiglia».

Tutto ruota, come dice il titolo, intorno a Chiara, interpretata da una eccezionale esordiente Swamy Rotolo la cui “verità” di ragazza di quel territorio è una potenza del film. Chiara scopre improvvisamente che il padre tanto amato non è proprio un impiegato del catasto quando lo vede fuggire in piena notte dalla finestra con la madre ad aiutarlo. Scopre da sola il bunker segreto in casa e dettagli sulla sua “professione”. È coraggiosa Chiara si mette in discussione, mette in discussione il padre, i familiari conniventi, ma quando il tribunale dei minori viene a prenderla per “salvarla” lei non ci sta e scappa. Le cose andranno diversamente, la bussola prenderà la direzione giusta, i suoi 18 anni saranno lontani da casa.

Tutta la famiglia Rotolo ha partecipato al film e tutto il cast è stato preso dalla strada, un “neorealismo” accentuato dal fatto che «non ho mai dato loro la sceneggiatura volevo sorprenderli, dando loro la possibilità di viverlo più che interpretarlo», ha aggiunto Carpignano che ha realizzato il film nei mesi scorsi di lockdown. «Faccio film che riflettono il mondo che raccontano, lontani dai clichè, più vicini possibile alla realtà». Girato a Gioia Tauro (dove Carpignano fa anche un festival di cinema), nel quartiere storico di Piano delle Fosse con abitanti ormai habituè del suo cinema come la famiglia Rotolo, con la comunità rom di Ciambra, porta al cinema una Calabria non arcaica ma moderna con tutte le sue contraddizioni e sfilacciamenti.
«Amiamo il suo cinema - interviene Paola Malanga vicedirettore di Rai Cinema, accanto all’ad Paolo Del Brocco - perché è tra i pochi che riesce a raccontare davvero l’oggi, la complessità del contemporaneo».

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