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Processione bloccata, contestazioni e retroscena

Processione bloccata, contestazioni e retroscena

Le contestazioni contro i Carabinieri, sorte con l’interruzione della processione della Madonna della Neve, pongono al bivio la comunità zungrese. L’intervento dei militari per questioni di ordine pubblico, altro non era che vietare al presunto boss locale Giuseppe Accorinti di unirsi ai portatori in processione.

La presenza dello Stato ed il fermo del corteo, avrebbe generato qualche contestazione tra i presenti pronti invece a proseguire. Momenti di caos anche imbarazzanti, specie per il sindaco di Zungri Franco Galati che si è tolto la fascia in segno di protesta, e che hanno fatto scattare i rinforzi e il controllo documenti all’interno del santuario della Madonna della Neve per il comitato festa.

Un fatto grave che tiene divisa la comunità fra chi avrebbe voluto la prosecuzione delle celebrazioni e chi, caso ancora più grave, avrebbe sostenuto «troppo eccessivo» l'intervento dei militari. A bocce ferme, resta a livello nazionale per Zungri lo scandalo per la presenza del presunto boss locale fra i portatori della sacra effigie durante la più sentita festa del paese.

Ma un retroscena, non di poco conto per le Forze dell'ordine, emergerebbe sullo stop scattato domenica. Tutto avrebbe avuto inizio il 23 luglio, giorno in cui la sacra effigie appena restaurata ha fatto ritorno a Zungri. All’interno del santuario della Madonna della Neve gremito per l’evento, secondo alcuni fedeli presenti, Accorinti avrebbe sostato alcuni minuti vicino al quadro. Un campanello d’allarme che ha poi portato Zungri agli onori della cronaca e che ha sollevato qualche polemica sul parroco don Giuseppe Larosa e sulla prevedibilità o meno di questa situazione giudicata «incresciosa» anche dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea Luigi Renzo.

«Se avessi saputo le intenzioni di Accorinti non avrei mai fatto uscire il quadro in processione ed avrei avvisato i Carabinieri – ha dichiarato don Larosa –. Non mi giustifico, ma quanto accaduto era imprevedibile per alcuni motivi: per sostenere il massiccio quadro servono all’incirca 16 persone che si alternano durante il tragitto ogni cinque minuti e tutto il paese partecipa allo sforzo durante la processione che dura circa tre ore. Non mi è stato possibile scorgere, dalla testa del corteo, quanto accadeva diversi metri indietro, ed è stato il maggiore dei Carabinieri ad avvisarmi e a interrompere giustamente tutto. Inizialmente nessuno aveva capito cosa stesse succedendo, poiché in testa al corteo continuavamo in processione. Sull’accaduto gravissimo – ha poi concluso don Larosa – presto interverrà il vescovo Luigi Renzo, il quale potrebbe decidere di sospendere a tempo indeterminato la processione».

A difendere l’operato dei Carabinieri, è stato anche il segretario generale della Federazione sindacale di Polizia Valter Mazzetti, il quale ha dichiarato: «Avremmo voluto che tutti i presenti scoppiassero in un applauso quando i Carabinieri hanno interrotto la processione a cui voleva pendere parte il pluripregiudicato ritenuto il boss locale della ’ndrangheta. Abbiamo assito, piuttosto, a un atteggiamento di opposizione e persino di recriminazione nei confronti delle Forze dell’ordine. La gravità di questa vicenda sta in questo».

Il segnale:

Nella chiesa della Madonna della Neve di Zungri, finita al centro delle cronache per la presenza tra i portatori della sacra effigie in processione del boss Giuseppe Accorinti, ieri è arrivato anche il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia.

Successivamente a Vibo Valentia, dopo una visita e una riunione tecnica al Municipio di Limbadi, l’esponente di governo, nel corso di un incontro in Prefettura, è intervenuto su quanto accaduto domenica scorsa a Zungri ribadendo l’importanza dell’intervento dei carabinieri, i quali hanno interrotto la processione.

«È stata una vittoria dello Stato. La vicenda di Zungri – ha evidenziato il sottosegretario – fa capire che una comunità, quando si stringe alle forze dell’ordine e con il coinvolgimento della chiesa, dà un messaggio chiaro: quando si è uniti chi è che deve fare un passo indietro è la criminalità organizzata».

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