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«Vorrei sapere
com’è morta mia figlia»

«Vorrei sapere com’è morta mia figlia»

«Tutti assolti perchè il fatto non sussiste. Ma mi è morta una figlia, per me questo sussiste eccome!». C'è tanta rabbia ma viene coperta dalla delusione e dall'amarezza di una donna che ha perso il marito di 36 anni e una figlia di 9 dopo essere passati dagli ospedali di Vibo e Lamezia.

Isabella Notaro parla poco, tiene tutto dentro, sembra dimessa ma non vuole mollare. Neanche dopo che qualche giorno fa il Tribunale di Lamezia ha assolto “perchè il fatto non sussiste” i due medici che si sono occupati della piccola Sara, il primario otorino Raffaele Grasso e l'altro specialista Gianluca Bava dell'ospedale lametino. Sara Michienzi era una bambina frizzante, abitava con la famiglia a Montesoro, piccola frazione di Filadelfia affacciata sul Golfo di Sant'Eufemia. Mamma Isabella otto anni prima aveva perso il marito. Aveva quattro figli, che sono rimasti in tre e combatte. Sara è morta dopo un'operazione alle tonsille considerata di routine. Febbraio 2011.

Signora è delusa?

«Ho aspettato sette anni e quattro mesi ma adesso credo in quello che dice il mio figlio maggiore che ha 24 anni».

Cosa le dice?

«Che la giustizia non esiste».

Ma guardi che un'alta percentuale di casi di malasanità finisce con l'assoluzione degli imputati. I giudici non sono medici e si fidano dei periti legali.

«Sì è giusto, ma questa volta i periti d'ufficio all'inizio avevano detto che si trattava di un errore medico. Il taglio di un vaso vicino alle tonsille. Alla fine un altro perito ha escluso l'errore medico. È subentrato il dubbio, sia il pubblico ministero sia il giudice hanno deciso di assolvere i medici sott'accusa».

La sua reazione in aula?

«Impietrita».

Cerca un colpevole a ogni costo?

«Assolutamente no. Trovare un colpevole non allevia il mio dolore. Anzi, sarei più serena se Dio avesse voluto portarmi via Sara e non degli uomini. L'accetterei meglio».

Come ha perso suo marito?

«Ha avuto due infarti. Mentre erano in corso per due volte i medici dell'ospedale di Vibo gli hanno fatto iniezioni e l'hanno mandato a casa. È morto a 36 anni. Ecco perché quando è capitato lo stesso a Sara ho chiesto l'autopsia, per capire quali responsabilità avesse chi ha operato. Ma adesso il giudice ha detto che non hanno alcuna responsabilità».

Continuerà la sua battaglia in appello?

«Sono stanca, molto stanca. Non so cosa farò. All'inizio eravamo sicuri di una cosa, invece dopo anni è successo il contrario. Devo comunque ringraziare i miei avvocati Giovanni Lacaria e Sabrina Rondinelli che mi stanno assistendo senza farsi pagare».

Non aspetta almeno le motivazioni della sentenza?

«Certo. Non voglio capire perché i medici sono stati assolti, ma sapere perché Sara è morta. L’unico fatto certo qui è che la mia piccola non c'è più. E oggi avrebbe compiuto 17 anni come il suo gemello, che sta zitto e non vuole sentirne parlare di queste cose: aule, cause, giudici, sentenze. A casa mia non ci crede più nessuno».

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