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La vacanza relax nel Cosentino che brucia

La vacanza relax nel Cosentino che brucia

Il lamento angosciante dei motori dei canadair fa da “colonna sonora” a questa disgraziata estate. Una stagione soffocante che ha trasformato il Cosentino in un inferno. La puzza di bruciato si leva da ogni angolo di questo territorio. Le fiamme hanno trasformato in deserto montagne, pianure, vallate. La desolazione s’affaccia in mezzo a presepi infernali, scenari apocalittici, panorami gonfi di nuvole nere cariche aria irrespirabile. La devastazione è il risultato della violenza degl’incendiari che continuano a innescare le fiamme. Fiamme alte che stanno piegando questa terra dopo averla violentata e dissanguata. La provincia più arsa e dolorosa farà da contorno alla vacanza di Ferragosto che è già cominciata venerdì sera e proseguirà fino a domenica prossima. La crisi resta evidente, sta condizionando pesantemente le esistenze di tutti, riducendo la nostra capacità finanziaria, ma ci sono gli alberghi delle località turistiche che sono tornati a riempirsi in questi giorni.

Certo, la tanto sospirata ripresa appare ancora lontana, ma qualcosa si muove anche a queste latitudini. Intanto, sono ritornati i “forestieri”, i “soliti” tedeschi e francesi ai quali si sono, di recente, affiancati, anche i russi e cinesi, i nuovi mecenati del continente. Portano soldi contanti, denari in abbondanza che serviranno a restituire dignità anche a quel nostro Pil da “sottosviluppati”. Il Meridione d’Italia continua a non seguire i percorsi virtuosi di altre zone del paese e la Calabria, purtroppo, si conferma Sud del Sud.

I soldi esteri serviranno a far respirare le nostre attività produttive, i nostri negozi, le nostre piccole realtà imprenditoriali che rischiavano di sparire alla vigilia dell’estate. I russi, addirittura, hanno cominciato a comprare case nell’Alto Tirreno cosentino ma anche sullo Ionio. Appartamenti, interi palazzi, ville e persino starebbero tentando di rilevare strutture economiche. E sono tante le auto di lusso con targa Mosca avvistate in questi giorni sull’A2, sulla 107 e sulla 106. Berline dirette verso i luoghi di villeggiatura tradizionali, le spiagge dello Ionio e del Tirreno e i monti del Pollino e della Sila.

Tanti russi, molti stranieri ma naturalmente anche italiani. Soprattutto, emigrati di ritorno nei luoghi d’origine, i piccoli paesi. Tornano in treno, in aereo, tornano in auto. Fanno il solito giro tra i parenti, a casa dei genitori anziani, a salutare i vecchi zii, i cugini, fratelli e sorelle. E poi anche gli amici, i compagni di scuola, i vicini di casa. Un rito della fratellanza che si perpetua di generazione in generazione. Una sana abitudine, lontana, primitiva che consolida le relazioni familiari. Una vacanza arricchita dalle immancabili foto da postare sui social insieme ai video attorno alle tavole imbandite e affollate di gente. Il ritorno alle origini rappresenta l’occasione per fiutare gli odori inconfondibili sprigionati dalle terre abbandonate per motivi di lavoro e rimaste saldamente aggrappate ai cuori di ogni emigrato. Profumi caratteristici come quelli dei limoni di Rocca Imperiale, dei cedri di Santa Maria, delle arance di Trebisacce, dei porcini della Sila e del Pollino, della sardella di Cirò, delle paranze di Cetraro, Corigliano, della pitta ’mpigliata di Bisgnano, della “paesanella” di San Giovanni in Fiore, del fritto dei cuddruriaddri di Cosenza. Olezzi che annunciano il ritorno a casa dopo un anno o anche più. Un rientro dopo viaggi che possono durare anche intere giornate ma che vale la pena d’affrontare perchè questa terra è come una mamma, la si ama anche vivendo a distanza. Nessuno riesce a staccarsi definitivamente da qui. Partono, vanno via tutti ma alla fine ritornano. nessuno scappa.

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