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Parroco picchiato e rapinato

Parroco picchiato e rapinato

Trascinato per terra. Con le mani legate e un nastro adesivo alla bocca per non parlare. È la disavventura vissuta da don Umberto Praino della chiesa di San Paolo, che svetta nella contrada “Laccata” della cittadina tirrenica. Racconta dell’incursione in sagrestia di due malviventi e del terrore che potesse avere risvolti negativi. Una vicenda che ha scosso gli animi dei fedeli, con messaggi di solidarietà verso il sacerdote di quasi ottant’anni, ben voluto da tutti. Sull’episodio indagano i carabinieri della Compagnia di Scalea. I militari, coordinati dal capitano Alberto Pinto, sono stati allertati dai parenti di don Umberto. Sabato notte la chiesa era chiusa e la stanza della sagrestia illuminata. Da fuori si sentivano le urla del sacerdote. Senza perdere tempo, i carabinieri hanno sfondato la porta per dirigersi subito nella stanza. Lì hanno trovato don Umberto per terra. Vicino pezzi del nastro adesivo usato dai malfattori per imbavagliarlo. Ieri i militari sono ritornati sul posto per analizzare la scena e trovare possibili impronte digitali lasciate dai delinquenti – si tratterebbe di un italiano e di un uomo di colore – sul nastro adesivo e sulla cassaforte, su altri oggetti toccati dai due, ma poi lasciati al loro posto. Neanche gli spiccioli nella cassaforte hanno preso. Poca roba: quasi 50 euro in pezzi da dieci, massimo 50 centesimi. Quello che i fedeli mettono nell’offerte per le loro preghiere. Hanno cercato un bottino più sostanzioso, ma invano. Alla fine, forse messi in fuga da qualche rumore sospetto, hanno deciso di svignarsela, portandosi il cellulare del prete. Per ore don Umberto è rimasto in balia di se stesso, sul pavimento freddo, mentre la notte calava e a casa i parenti si chiedevano cosa fosse successo. A fargli compagnia le preghiere e la speranza che presto qualcuno avrebbe sentito le sue urla disperate e salvato da quell’incubo. Ha la voce impastata, don Umberto Praino: «Era da poco finita la messa della 19, quando in sagrestia sono arrivati due uomini alti e magri. Ero da solo. Pensavo chiedessero dell’elemosina. All’improvviso, quello di colore mi ha afferrato, mi ha messo la mano sulla bocca. Mi sono dimenato. Fino a quando non mi hanno legato con il nastro adesivo. Non mi hanno picchiato». L’avrebbero buttato per terra e trascinato nello studio dove c’erano le chiavi per aprire la cassaforte. «Non ti facciamo nulla1». Aperta la cassaforte sono rimasti di sasso. Hanno chiesto dove erano gli altri soldi. «Non c’è nient’altro», ha sussurrato don Umberto. L’hanno perquisito e si sono impossessati del cellulare.(ale.ant.)

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