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Sanità, il “giallo” dei beni rimasti inutilizzati

Sanità, il “giallo” dei beni rimasti inutilizzati

La terra dei paradossi. Raccontata, già nel secolo scorso, con lucida amarezza e sottile ironia da Corrado Alvaro. «Una terra» scrisse il Maestro di San Luca «di grandi ricchezze e immense povertà». E se al mondo agricolo e pastorale narrato dallo scrittore sovrapponessimo, oggi, il contesto più moderno nel quale ci dibattiamo, troveremmo medesime contraddizioni e identici paradossi. Basta, per esempio, guardare alla Sanità. Un migliaio di immobili e terreni per un valore di circa un miliardo di euro, localizzati nell’alta Calabria, risultano abbandonati, vandalizzati e, in alcuni casi, utilizzati per fini privati. Un immenso patrimonio potrebbe – calcoli alla mano – venire in soccorso d’un settore pubblico invece avvinto da una crisi perenne. Una crisi che ha giustamente indotto il governo nazionale a ordinare tagli drastici e riduzione degli sprechi. Guardiamo alle cifre. «I numeri» sosteneva Margherita Hack «non mentono mai». Eccoli, ce li fornisce il consigliere regionale Carlo Guccione (Pd) in riferimento alla più grande Azienda sanitaria provinciale della regione, quella di Cosenza.

I fitti passivi ammontano a 2.634.255,14 euro. Gli immobili in locazione passiva risultano essere 108. I ricavi dai fitti attivi ammontano, invece, a 386.466,51 euro. Gli immobili in fitto, di proprietà dell'Asp, sono 21. Gli immobili di proprietà, invece, 123. A questi vanno aggiunti un terreno edificabile a San Marco Argentano e un uliveto nel comune di Rossano. Dai dati della ricognizione del patrimonio immobiliare dell’Asp di Cosenza risulta, dunque, una scarsa utilizzazione del patrimonio pubblico e una inefficace utilizzazione degli immobili non destinati alla attività istituzionale, che sono stati locati ma producono redditi irrisori. In alcuni casi, secondo Guccione, il canone sembra essere talmente basso da apparire «una locazione di favore». A fronte di ciò risulta, al contrario, un eccessivo numero di strutture in locazione passiva per le quali vengono spesi oltre 2 milioni e 600mila euro. Ed emerge, altresì, un dato diffuso di mancato accatastamento di una parte del patrimonio. Insomma, se non è un disastro ci siamo vicini. Tra i beni di cui potremmo parlare figurano il tristemente noto ospedale di Scalea (mai entrato in funzione e vandalizzato), i terreni edificabili su cui doveva sorgere il mai realizzato nosocomio di Mendicino e le strutture “fantasma” destinate ad ospitare i poliambulatori a Rende e Montalto. Se allargassimo lo sguardo all’intera regione ci ritroveremmo davanti i presidi di Rosarno, Gerace e Girifalco e quel che resta del vecchio ospedale di Catanzaro. Ai quali potremmo aggiungere le strutture Rsa costruite con i fondi della famigerata Legge 20. Forse, è ora di fare qualcosa.

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