Nel suo petto batteva ormai da 22 anni e quattro mesi il cuore di Nicholas Green, il bambino statunitense di 7 anni ucciso sulla A3 da un proiettile vagante nell’ottobre 1994. Ora quel cuore, giovane e generoso, si è fermato per sempre portando con sé Andrea Mongiardo, 37 anni, il ragazzo romano, originario di Sant’Andrea Jonio, che grazie a quell’organo aveva potuto superare l’enorme scoglio di una malformazione congenita che all’epoca gli avrebbe lasciato probabilmente un altro anno di vita.
Invece, per Andrea il percorso si è allungato a dismisura ed ogni giorno ha continuato a vivere con quella gioia che non lo ha mai lasciato persino nei momenti più bui, quando sentiva che il suo fisico era sempre più debole, prima del trapianto, e anche dopo, quando è rinato, ma ha dovuto continuare a lottare, ogni giorno.
Era lui stesso a raccontare, con la naturalezza e spontaneità che lo hanno sempre contraddistinto, quegli attimi in cui l’1 ottobre del ‘94 aveva saputo della disponibilità di un cuore: quella notte, infatti, Andrea si trovava in ospedale per eseguire dei controlli, che per lui erano ormai diventati una routine (due volte a settimana doveva fare infusioni di calcio e albumina) e che si rendevano necessari per mantenerlo in vita.
«Un particolare fortunato» – lo aveva definito molti anni fa. Dopo l’intervento - eseguito all’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma dall’èquipe guidata dal professor Carlo Marcelletti - aveva anche incontrato i genitori di Nicholas Green, quasi «una seconda famiglia». Da qualche anno lavorava in un’azienda di telefonia nazionale e riusciva a condurre una vita normale, fatta di momenti gioiosi in famiglia e con gli amici, tanti amici.
Anche se tutto era sempre scandito da rigorosi controlli ospedalieri: non a caso, parlando delle sue esperienze passate, di sé scriveva, rivelando anche una vena ironica, «paziente con tanta pazienza presso ospedale pediatrico “Bambino Gesù”».
E poi aveva un forte legame con Sant’Andrea Jonio, verso il quale appena un mese fa esprimeva, e lo dichiarava proprio sulla sua pagina Facebook, tutta la sua «saudade», una sorta di nostalgia verso il suo luogo del cuore: quel cuore che era suo e di Nicholas Green.