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Fondi Ue, coinvolta
una Fondazione vaticana

Fondi Ue, coinvolta una Fondazione vaticana

Gli investigatori cominciavano a stringere il cerchio e Ortensio Marano, indicato come uno dei principali manovratori dell’affaire Fondi comunitari che dovevano essere impiegati per finanziare il Credito sociale e sostenere quelle famiglie che si trovavano in condizioni di disagio, si sentiva alle strette; avvertiva il fiato sul collo della Guardia di Finanza e dei carabinieri del Ros. E la conferma che il fondo (due milioni e mezzo di euro) era stato letteralmente saccheggiato, non solo con il pagamento di una mazzetta di 230mila euro all’ex assessore Nazzareno Salerno per avere permesso l’esternalizzazione relativa alla gestione dei finanziamenti comunitari affidandola alla Cooperfin Spa, di cui Marano era amministratore delegato e rappresentante legale, è arrivata il 21 ottobre 2016 quando ormai le indagini coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro erano entrate nel vivo. Una telefonata captata dagli investigatori confermava quanto le indagini fino a quel momento avevano accertato. Marano parlando con un suo interlocutore e “socio” nell’affaire preoccupato diceva: «Non ho più tempo, nel senso che io giovedì devo andare in Procura. O, ho i soldi, o devo denunciare tutti. Questo è. Punto! Siccome io sono con l’avvocato mio siamo stati convocati in... per giovedì. Lui giovedì o va lì e dice che il fondo è stato ricostituito, oppure mi devo mettere a cantare per cercare di fare le cose e non mi ficcano dentro, perché questa è truffa internazionale.... tu, non è che te lo devo spiegare, tu sei un avvocato quindi sai benissimo...».

Un’ammissione di responsabilità in piena regola. Marano che in Procura c’era già stato ed aveva sopportato un interrogatorio di ben dodici ore, più di ogni altro sapeva che ormai il comitato d’affari aveva i giorni contati. «Dobbiamo ricostituire il fondo – diceva al telefono l’amministratore di Cooperfin –. Servono due milioni e mezzo, minimo e (balbetta) e forse ce ne usciamo tutti tranquilli e sereni, sennò prima si prendono me e poi piano si prendono te, Bruno (Dellamotta ndr) e via discorrendo. Io l’ho detto dall’inizio, non si può cazzeggiare con i fondi pubblici... non si cazzeggia coi fondi, noi abbiamo cazzeggiato con i fondi pubblici e quindi siamo arrivati all’estremo della corda; io sono in preda, no al panico, di più...».

Un colloquio entrato a fare parte per intero dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip distrettuale che ha portato all’arresto di nove persone (una è ancora irreperibile), nel corso della quale Ortensio Marano asserisce di essere parte attiva, unitamente ad altri, di una “truffa internazionale” posta in essere con fondi pubblici, facendo pertanto esplicito riferimento al denaro sottratto alle famiglie disagiate. Al centro delle indagini che hanno portato all’operazione “Robin Hood” pure la documentazione relativa ad un accordo quadro siglato a Roma il 10 marzo 2016 con la Fondazione vaticana “Santa Maria Goretti” alla cui guida c’è Bruno Dellamotta (destinatario della misura di cautelare in carcere ma ancora latitante) con la quale l’altra società di Ortensio Marano (la M&M Management srl), la Cooperfin Spa e la West Bound Technologies sarl) potevano effettuare autonomamente investimenti tramite le organizzazioni societarie. Un canale finalizzato attraverso il quale si potevano effettuare investimenti con i fondi comunitari.

Nelle inchieste vengono inoltre seguiti tutti i trasferimenti di denaro ed i rapporti tra le persone indagate e le stesse società. Gli appetiti scattano il 19 dicembre 2015 quando la Fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria, accredita sul proprio conto corrente vincolato la somma 2. 500.000,00. Denaro in buona parte confluito per volontà dell’ex assessore Nazzareno Salerno sulla finanziaria Cooperfin spa di Ortensio Marano da dove partivano bonifici ad personam, liquidazione di fatture nei confronti di fornitori e professionisti. Un vero e proprio saccheggio.

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