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Confessioni choc
su una serie di omicidi

Confessioni choc su una serie di omicidi

La “triade”. Tre aspiranti boss rappresentano il grimaldello usato dai magistrati della Procura antimafia di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, per smantellare la “nuova mafia” che teneva in scacco Cosenza, Paola, Castrolibero, Rende, Mendicino e Montalto Uffugo. Tre malavitosi di rango che l’angustia delle celle e le sbarre di ferro dei pesanti cancelli carcerari, hanno trasformato in “pentiti”. Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti e Franco Bruzzese hanno raccontato ai pubblici ministeri alleanze, affari e tradimenti della cosca composta da “italiani” e “zingari”. Dopo aver attirato in un tranello e ucciso Luca Bruni, immaginavano di ergersi a padrini dell’area urbana bruzia governando il racket e il mercato della droga. Provate le manette e il 41 bis hanno celermente cambiato idea saltando il fosso e abbandonando amici e “compari” di malefatte. Tutti e tre hanno confessato la loro responsabilità nell’assassinio di Bruni raccontando, poi, i retroscena di decine di estorsioni. È rimasto invece in carcere il loro “socio”, Maurizio Rango, schiacciato dalle dichiarazioni degli ex compagni d’arme e detenuto in regime speciale. Ma Lamanna, Foggetti e Bruzzese non hanno solo parlato di “pizzo” e di “spaccio”. Agli investigatori hanno rivelato i nomi di asutori e mandanti di molti omicidi. Daniele Lamanna ha parlato della uccisione di Francesco Marincolo, uomo di rispetto delle cosche confederate bruzie, freddato a colpi di pistola in pieno centro, a Cosenza, il 27 luglio del 2004. Il pentito ha indicato come esecutore materiale del delitto il fratello, Carlo, attualmente detenuto, che avrebbe agito in compagnia del defunto capobastone Michele Bruni. Ecco il suo racconto: «Ho partecipato all’agguato teso a Marincolo effettuando il recupero dei killer, unitamente a Luca Bruni. Gli autori materiali sono stati Michele Bruni e mio fratello Carlo Lamanna». Ma c’è dell’altro perché il pentito ha fatto rivelazioni su un caso di lupara bianca avvenuto nel Paolano nel maggio 2004. Si tratta della scomparsa di Rolando Siciliano, un giovane artigiano finito tra le vittime della guerra scoppiata in quell’area della Calabria dopo l’uccisione di Pietro Serpa. La descrizione del crimine lascia senza parole perché l’artigiano viene ammazzato, tagliato a pezzi e dato in pasto ai maiali. Franco Bruzzese, invece, ha dato precise indicazioni sull’agguato teso la sera del 12 luglio del 2003, davanti a un ristorante, al boss di Fuscaldo, Luciano Martello, trucidato sotto gli occhi della moglie e dei figlioletti. Non solo: il boss della criminalità nomade offre il movente e precisa il nome dei responsabili di due casi di lupara bianca avvenuti a Cosenza. Si tratta delle uccisioni di Sestino Bevilacqua (novembre 2002) e Antonio Benincasa (maggio 2003), puniti con la morte perché “amici” del pentito Franco Bevilacqua, ex capo degli “zingari” bruzi.

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