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Racket, la ’ndrangheta comanda in Sila

Racket, la ’ndrangheta comanda in Sila

L’ultimo blitz della Dda, martedì scorso, aveva acceso i riflettori sull’Altopiano della conquista, una grande montagna tormentata dal freddo e dai misteri. In quel paradiso disegnato sulla terra ci sono ancora troppi enigmi irrisolti che resistono al tempo ed al silenzio dei pentiti.

Lassù è tornata, da qualche anno ormai, a dominare la ’ndrangheta. I clan riorganizzati hanno deciso di puntare dove avevano sempre puntato: al tessuto economico e produttivo del territorio.

E così, esplorando le nuove rotte del malaffare, hanno messo le mani sulla Sila dopo averla utilizzata solo come una gigantesca tomba dove far sparire i loro cadaveri e nascondere armi e droga. I mafiosi cercano i soldi che fatturano le industrie del turismo e dell’agricoltura. E come falchi calano affamati sulle loro prede intascando mazzette. La puzza della criminalità organizzata contamina l’aria. Un'aria che diventa irrespirabile con i falò che illuminano la notte. Roghi che riducono in cenere attività economiche. L’ultima impresa colpita sorge in località “Tasso” di Camigliatello. Il fuoco ha cancellato una struttura gestita da due imprenditori. All'interno, set completi per sciare ceduti a nolo ai turisti. Tutto distrutto. Poco prima dell'alba sono arrivati sul posto i carabinieri della Stazione, guidati dal maresciallo William Porzia, e i vigili del fuoco. La lotta contro le lingue di fuoco è stata dura. Dopo alcune ore le velleità del rogo sono state annientate, ma i danni subiti dalla struttura hanno segnato inevitabilmente l’attività proprio alla vigilia dell’apertura della stagione invernale.

La pista privilegiata in queste ore dagl’investigatori del capitano Jacopo Passaquieti è quella del racket, ma s’indaga, pure, nella sfera privata dei due proprietari alla ricerca di qualcosa che possa ispirare un movente. L’inchiesta è coordinata personalmente dal capo dei pm, Mario Spagnuolo, che ha già disposto approfondimenti in questo territorio, descritto nell’inchiesta della Dda come un’area stretta fra i clan di Cosenza e le famiglie di Crotone, mescolanza di affari sporchi che non sono mai stati solo crotonesi (di belvedere Spinello, per essere precisi) e nemmeno esclusivamente cosentini. Dunque, non sarà facile cercare in mezzo alle montagne la causa di questo attentato che puzza di... pizzo.

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