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"La cupola segreta nata dopo il delitto Fortugno"

Francesco Fortugno

La cupola segreta degli "invisibili" che governa la 'ndrangheta sarebbe stata creata all'indomani dell'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso in un agguato a Locri il 16 ottobre 2005. E' quanto emerge da una intercettazione riportata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dei presunti componenti la cupola, l'ex deputato del Psdi Paolo Romeo, già in carcere dal 9 maggio scorso, l'ex consigliere regionale e sottosegretario della Giunta regionale di centrodestra Alberto Sarra, l'avv. Giorgio De Stefano, il funzionario regionale Francesco Chirico ed il senatore Antonio Caridi, di Forza Italia. Per quest'ultimo l'ordinanza è stata inviata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. A parlare, in un dialogo intercettato a fine 2007 e finito già in un'altra inchiesta, è Sebastiano Altomonte, indicato come elemento di spicco della cosca Vadalà operante sulla fascia ionica reggina, ritenuto legato alla massoneria ed al boss Antonio Pelle. "C'è la visibile e l'invisibile che è nata da un paio di anni", "in data successiva all'omicidio Fortugno" evidenzia l'informativa riportata nell'ordinanza, per una scelta di autoprotezionismo da "attacchi esterni" ed interni, "se no oggi il mondo finiva; se no tutti cantavano". Una struttura, recita l'informativa "assolutamente segreta agli ordinari affiliati 'visibili' ('C'è una che si sa ed una che non la sa nessuno, la sanno solo ...'), ossia quelli dei quali è notorio, tanto tra la popolazione quanto tra le forze dell'ordine, l'appartenenza all'organizzazione 'ndranghetistica e che avrebbe solidi legami con ambienti massonici ('fratelli tutti visibili ed invisibili che adornate l'oriente')". Per l'omicidio Fortugno sono stati condannati all'ergastolo con sentenza divenuta definitiva, l'ex caposala dell'ospedale di Locri Alessandro Marcianò, accusato di essere il mandante dell'omicidio, il figlio Giuseppe, considerato organizzatore e mandante del delitto insieme al padre, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, considerati gli esecutori materiali.

"Qualcuno, più o meno ingenuamente, faceva passare la 'Ndrangheta come un fatto rurale, di contadini e di pastori. L'operazione Mamma Santissima mostra inequivocabilmente che, invece, il pesce puzza dalla testa, da quella Reggio-bene impastata di politica e massoneria". Lo afferma la deputata M5S Federica Dieni commentando gli esiti dell'operato di forze dell'ordine e della magistratura. "Grazie al preziosissimo lavoro di uomini come Federico Cafiero de Raho, Giuseppe Lombardo e degli uomini del Ros, guidati dal comandante Giuseppe Governale - prosegue - si è finalmente fatta luce sull'ultimo tassello mancante del puzzle. A guidare la 'Ndrangheta c'erano uomini in giacca e cravatta, ammirati e temuti, abituati a frequentare le istituzioni. Paolo Romeo e Giorgio De Stefano erano i registi, ma potevano disporre anche di addentellati incuneati persino in organi di rango costituzionale. I magistrati hanno dimostrato quindi che il Comune di Reggio, specie nell'epoca Scopelliti, è stato infiltrato se non controllato da questa struttura, 'la Santa', che tirava le fila di criminalità ed istituzioni. Ci hanno spiegato che Alberto Sarra, che appariva uomo dello stesso Scopelliti, ma che in realtà probabilmente lo condizionava, è riuscito poi ad affiancare l'ex sindaco ai vertici regionali per poter fungere da ufficiale di collegamento nel governo della Calabria e che, nel contempo Antonio Caridi, un senatore della Repubblica, svolgeva addirittura un ruolo meno direttivo, quasi di braccio esecutivo, pur essendo anch'egli parte della struttura segreta, presentando a comando emendamenti e spostando voti. La 'Ndrangheta era in mezzo a noi e ci governava alla luce del sole. Mentre si raccontava la favola che essa tramasse in isolati casali, tra facce scure e parlate declinate in un dialetto incomprensibile essa era nel nostro municipio, a Catanzaro e a Roma. Certo, molti di noi intuivano, si accorgevano dagli effetti che qualcosa di sbagliato stava accadendo, ma pochi erano riusciti a capire davvero. Non era la politica ad essere manovrata dai boss, comprando, attraverso la corruzione, piccoli o grandi favori. Erano i politici, i mafiosi. Fin dagli anni Settanta, attraverso Paolo Romeo, parte della politica è stata il vertice della mafia. E persino alcune bombe, ora apprendiamo, erano sistemi di controllo e di condizionamento, non minacce ma avvertimenti a sodali". "Il pesce puzza dalla testa, dicevo - conclude Federica Dieni - ma l'errore più grave che possiamo compiere, oggi è pensare che tagliata la testa la 'Ndrangheta abbia smesso di far paura. Perché la mafia è come un'Idra e, specie dove ci sono molti soldi, non ci sono mai a lungo vuoti di potere. Piuttosto il timore è quello di uno scontro per riempire questo vuoto. Ma, intanto, ringraziamo i magistrati, per averci regalato un po' d'aria fresca e una promessa di cambiamento, in quest'infuocata estate reggina".

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