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Padre Fedele assolto:
perdono la suora

 È un attimo. Un attimo che cambia la storia d’un processo assai vischioso, diventando lo spartiacque tra due verità, una cristallizzata in due sentenze e l’altra fermentata in mezzo alle memorie difensive. Un attimo che cancella nove anni e mezzo di sospetti, di ombre, di imbarazzi. Giusto un attimo per ascoltare dal presidente della Corte d’appello di Catanzaro, Maria Vittoria Marchianò (a latere: Giancarlo Bianchi e Gianfranco Grillone) l’esito, la fine di un incubo cominciato in una gelida mattina del 23 gennaio del 2006. «In nome del Popolo italiano, visto l’articolo 530...». Un attimo, gli avvocati si abbracciano, Padre Fedele è innocente. Un verdetto clamoroso che smonta la trama impalcata sui racconti della grande accusatrice. «È come se oggi fossi rinato», ha spiegato l’ex frate che non ha mai smesso d’indossare il saio. Ieri, non è andato a Catanzaro, ha preferito restare a Cosenza dove sta facendo nascere un nuovo centro per l’accoglienza degli ultimi e dei bimbi con gravi disabilità. Si chiamerà il “Paradiso dei poveri” e lui stesso lavora dentro a quel cantiere della speranza a “Timpone degli ulivi”, alle porte di Cosenza. In tutti questi anni, la sofferenza lo ha invecchiato senza piegarlo. «Quando i miei avvocati, Eugenio Bisceglia e Franz Caruso mi hanno chiamato per comunicarmi il verdetto dei giudici, mi sono commosso. È stata un’emozione troppo grande, attesa da nove anni e mezzo. La prima cosa che ho fatto è stata quella di recarmi al santuario della Madonna della Catena di Laurignano per pregare. Ho pregato tanto in tutto questo tempo e anche adesso ho voluto pregare per la suora che mi accusato ingiustamente. Alla Vergine ho chiesto di perdonarla e di poterla abbracciare. La invito a convertirsi e l’aspetto qui per dirle di affidarsi con fiducia al Signore. L’aspetterò davanti a tutta questa gente (che ieri s’è recata in pellegrinaggio a Laurignano per festeggiare l’assoluzione, ndr) che ha sempre creduto in me. L’aspetterò per dirle che la perdono. È stata lo strumento di una diabolica messinscena che mi ha fatto soffrire per tanto tempo. Ma Dio è amore. Continuerò, pure, a pregare la Madonna affinchè mi venga restituito l’esercizio del mio ministero sacerdotale che mi è stato tolto dalle autorità ecclesiastiche»

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