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Nuovi standard,
sanità in allarme

Sarà la cardiochirurgia (mai attivata) dei Riuniti di Reggio la prossima tappa del giro ispettivo che il commissario ad acta per la sanità, Massimo Scura, ha avviato per avere conoscenza diretta degli ospedali calabresi. L’ispezione avrà luogo nei primi giorni della settimana. La cardiochirurgia reggina realizzata con soldi pubblici e mai entrata in funzione ancorché attrezzata con costose apparecchiature è al centro di roventi polemiche ma anche di contatti avviati dal commissario per capire chi dovrebbe gestirla. La cosiddetta terza cardiochirurgia della Calabria infatti non potrà che essere una propaggine di quelle già esistenti (policlinico Mater Domini o Sant’Anna Hospital di Catanzaro). Roma ne autorizza infatti solo due in Calabria, rapportandole al numero degli abitanti. Da verificare se la situazione cambierà o meno, ora che è divenuto operativo, perché appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il nuovo “Regolamento sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera”contenuto nel decreto numero 70 del 2 aprile 2015, frutto di un lavoro di tre anni nell’ambito di una contrastata interlocuzione tra Governo e Regioni. Un regolamento che nei giorni scorsi ha fatto rumore per la possibile riduzione di circa tremila posti letto in base ai nuovi standard introdotti, del 3 per mille per gli acuti e dello 0,7 per mille per la lungodegenza e riabilitazione. Secondo il decreto-regolamento, la cardiochirurgia e la rianimazione cardiochirurgica attengono alle discipline più complesse che hanno sede negli hub, ossia quei presidi ospedalieri di secondo livello che secondo il regolamento decretato dal Governo debbono servire un bacino di utenza compreso tra 600.000 e 1.200.000 abitanti, con numero di accessi annui appropriati superiore a 70.000. Ciò introduce l’argomento cruciale della nuova ripartizione dei presidi ospedalieri che è il cuore della riforma del regolamento già ribattezzato “decreto standard”. La nuova normativa destinata a rivoluzionare la rete ospedaliera pubblica e privata accreditata dell’intero Paese prevede tre livelli di ospedale: di base, con un bacino d’utenza tra gli 80mila e 150mila abitanti; di primo livello, con un bacino tra gli 150mila e i 300mila abitanti, e di secondo livello, con bacino tra i 600mila e 1.200.000 abitanti. Numeri alti quelli che vedono tutta la rete ospedaliera (in Calabria varata da appena due mesi) oggetto di un profondo rinnovamento. Già serpeggia la preoccupazione, tra gli addetti ai lavori, che diversi attuali ospedali spoke non rientrino neppure tra gli ospedali “di base” non avendo il bacino d’utenza minimo richiesto. Che fine faranno?

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