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Truccate Lega Pro
e serie D, 50 fermi

I campionati di Lega Pro e serie D truccati; presidenti e giocatori che vendono le partite delle loro squadre per guadagnare con le scommesse; un mondo dove "tutti si conoscono e tutti sanno chi sono gli imbroglioni", ma nessuno parla; soldi per corrompere i giocatori che arrivano da gruppi criminali all'estero e anche dalla 'ndrangheta, che di business illegali è regina assoluta; il tentativo di "puntare più in alto": alla serie B per poi arrivare in A. L'indagine della Dda di Catanzaro e della Polizia svela l'ennesimo scandalo nel mondo del pallone: un mondo che non è solo malato ma anche marcio fin dalle fondamenta, stando a quanto hanno accertato gli inquirenti che non a caso hanno chiamato l'inchiesta "Dirty soccer", calcio sporco. "Il dato più raccapricciante - scrive il pm Elio Romano nel decreto di fermo nei confronti di 50 tra calciatori, dirigenti, presidenti, allenatori, finanziatori delle combine - è constatare cosa sia diventato il calcio. Siamo di fronte ad un nuovo romanzo criminale i cui attori arrecano un danno economico e si fanno beffa delle passioni di quanti seguono la propria squadra". Ma il pm affronta anche quello che è il nocciolo del problema: "il calcioscommesse - dice - è la patologica conseguenza del tramonto della vecchia innocente schedina. Urge una riforma radicale della normativa che regolamenta le scommesse che hanno finito per inquinare il mondo sportivo ad esse collegato". Di sporcizia, gli uomini della squadra mobile di Catanzaro e dello Sco ne hanno ascoltata tanta in un anno di inchiesta: 10mila intercettazioni, migliaia di ore al telefono in cui gli indagati combinavano gli incontri. Alla fine sono 28 le partite truccate - 17 di Lega Pro e 11 di serie D - sulle quali la Procura ha trovato riscontri e 33 le squadre coinvolte: dalla Pro Patria al Monza, dalla Torres all'Aquila, dalla Juve Stabia alla Cremonese. Riscontri che costringeranno il procuratore federale Stefano Palazzi ad intervenire e a riscrivere le classifiche, con i play off e i play out in corso. Palazzi ha già preso contatti con il capo della Dda di Catanzaro Vincenzo Lombardo. "Ci ha chiesto - ha detto Lombardo - un contributo per dare modo a loro di procedere. E ha sottolineato che operazioni del genere servono a disinquinare il mondo del calcio". In galera sono finiti in cinquanta, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Tra questi 4 presidenti, 11 dirigenti sportivi, 12 tra calciatori ed ex, 2 allenatori. A loro si aggiungono 27 indagati sui quali le indagini sono ancora in corso: è il caso dell'ex giocatore Arturo di Napoli, del ds del Catanzaro Armando Ortoli, del procuratore Eugenio Ascari, del consigliere federale Claudio Arpaia, dell'ex presidente della Torres Domenico Capitani. A scoperchiare il vaso è stata una telefonata tra il boss della 'ndrangheta Pietro Iannazzo, intercettato nell'ambito di un'altra inchiesta, e il presidente del Neapolis Mario Moxedano. Da quella telefonata gli investigatori sono arrivati a scoprire due distinte organizzazioni criminali che agivano, una sulla serie D e una sulla Lega Pro, per truccare le partite. Comprare un incontro di Lega Pro costava tra i 40 e i 50mila euro, ma a volte ne bastavano 5mila per avere la disponibilità dei calciatori. La prima organizzazione ruotava attorno alle figure di Moxedano, Antonio Ciccarone, ds del Neapolis, e Iannazzo. I tre, con la collaborazione di dirigenti, calciatori e "affaristi senza scrupoli" organizzano le frodi sportive per portare il Neapolis alla promozione. La stessa cosa, ma in un altro girone, facevano i dirigenti del Brindisi. La seconda associazione aveva invece al vertice Fabio Di Lauro, ex calciatore e "faccendiere - scrive il pm - che approfitta della parte marcia dell'ambiente che ben conosce, traendo cospicui guadagni dalle scommesse sulle partite", e ai due soci occulti della Pro Patria Mauro Ulizio e Massimiliano Carluccio. Lo stesso Di Lauro aveva rapporti con "signori delle scommesse dell'est Europa", serbi e sloveni, soprattutto, ma anche russi ancora da identificare, che tiravano fuori i soldi per corrompere i calciatori e poi scommettevano ingenti quantità di denaro. Nel giro di Di Lauro gravitavano anche "addetti ai lavori", vale a dire personaggi come Ercole Di Nicola, Ds de L'Aquila. Un soggetto amante della bella vita, arrestato stanotte al Casinò di Venezia, che, "si atteggiava a uomo di calcio ligio alle regole" quando in realtà era "capace di combinare incontri di calcio senza remore e con tanto scrupolo". "Dobbiamo ramificarci dappertutto", diceva al telefono. Operazione che sembra riuscita visto che gli investigatori parlano di un "reticolato sistema di corruzione" solo in parte venuto a galla. E' il caso delle partite di B che coinvolgono Catania, Crotone, Brescia e Livorno, su cui non sono stati trovati riscontri ma di cui parla Di Nicola - "ogni settimana in B ne fanno una" - e dell'incontro di Coppa Italia Tim tra Pescara e Sassuolo "messo in vendita per 150 mila euro da Ulizio e Carluccio".

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"E che ci sto a fare là, con una squadra di 'babbi' (babbei, ndr) che a a me non piace. Quest'anno ha deciso che vuole vincere con pochi soldi .. e gli ho detto 'va bene ho capito ma i miei dammeli prima' e ha detto che lui prima non paga neanche i giocatori. Infatti i giocatori non ti fanno vincere il campionato". Parole chiare, nette, decise che per gli investigatori lasciano ben poco spazio ai dubbi: Pietro Iannazzo, "consulente di mercato" del Neapolis, squadra campana di serie D, la squadra l'avrebbe fatta vincere combinando le partite forte del suo ruolo di elemento di primo piano dell'omonima cosca di 'ndrangheta operante a Lamezia Terme. Un nome "pesante" all'interno dell'organizzazione criminale, quello di Pietro Iannazzo, nipote del capo clan Vincenzino detto "il Moretto". Detenuto da giovedì scorso dopo essere stato arrestato per associazione mafiosa nel corso di un blitz contro la sua famiglia, era proprio lui, secondo gli inquirenti, uno degli elementi di vertice di una delle due organizzazioni criminali dedite al calcioscommesse sgominate stamani da squadra mobile e Sco. E sempre da lui, da quella sua telefonata intercettata nell'estate scorsa mentre parla riferendosi al presidente del Neapolis Mario Moxedano, è partita la nuova indagine che ha scoperchiato il pentolone sul marcio del calcio. Che la 'ndrangheta avesse mire sul mondo del pallone non è una novità assoluta. Già i Pesce di Rosarno, secondo i pentiti, erano inseriti in squadre di calcio e truccavano le partite. Libera ricorda come nel proprio dossier "Le mafie nel pallone" del 2010 furono circa 30 i clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione e riciclaggio nel mondo del pallone. Ma l'inchiesta Dirty soccer, per dirla con le parole del capo dello Sco Renato Cortese, dimostra "come le ramificazioni della 'ndrangheta abbiano assunto un livello esorbitante non solo nei settori classici in cui operano le cosche ma anche nel mondo dello sport". La 'ndrina degli Iannazzo, nel panorama criminale calabrese, è stata indicata dai magistrati della Dda di Catanzaro come una cosca "d'elite della mafia imprenditrice" dedita agli affari, ma anche capace di scatenare una guerra con altre consorterie per mantenere il proprio predominio sul territorio. E gli "affari" si fanno anche nel mondo del calcio, combinando le partite per far vincere la squadra per cui si lavora e portarla alla promozione, ma anche approfittando del giro criminale per scommettere su gare aggiustate e guadagnare facile con calcioscommesse. E Iannazzo, avvalendosi della sua caratura criminale dovuta all'essere un esponente di spicco di una cosca in rapporto con le principali consorterie della regione, e grazie alle sue conoscenze con esponenti di varie società calcistiche calabresi, secondo gli inquirenti era riuscito a realizzare "una vera e propria rete di 'personaggi', tutti collegati tra loro, che si adoperavano in un sistema di 'mutua assistenza' finalizzato a condizionare alcuni risultati di partite di calcio della Serie D, per le quali era anche possibile effettuare regolari scommesse dei concorsi pronostici autorizzati". Pietro Iannazzo, secondo gli inquirenti, rappresenta la figura strategica dell'organizzazione di cui fa parte e che, proprio grazie a lui, "riesce ad insinuarsi in gangli insospettabili della cosiddetta società civile", non disdegnando, ovviamente, di ricavarne un utile economico illecito, a tutto beneficio del programma criminoso collettivo. Una presenza, quella della 'ndrangheta anche nel calcioscommesse, che ha portato la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi a sottolineare come la presa della criminalità organizzata su questo settore non possa "essere più minimizzata, come fenomeno locale o episodico. Si sta superando ogni livello di guardia". Per la Bindi "occorre liberare il calcio dal malaffare con risposte immediate e più rigorose, ma c'è da chiedersi se i vertici della Figc e le leghe delle squadre sono davvero all'altezza di questa sfida".

 

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