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Narcotraffico, il porto di Genova nelle mani
della ‘ndrangheta

  Il porto di Gioia Tauro l’a lternativa, lo scalo di Genova la prima scelta. Si sentivano più al sicuro in Liguria i narcotrafficanti legati alle ’ndrine reggine, le famiglie mafiose Avignone di Taurianova e Paviglianiti di San Lorenzo, incastrati dal Gico della Guardia di Finanza di Firenze nell’ambito dell’i nchiesta “Gufo 2013”. L’organizzazione non nutriva alcun dubbio: meglio fare sbarcare al porto di Genova i quintali di cocaina spediti da Perù e Ecquador. Un dato che gli inquirenti mettono in risalto capitalizzando alcune intercettazioni telefoniche ed ambientali. È Giuseppe Galati, reggino di Seminara (una delle 16 persone indagate) a parlare di un cugino «bravo autotrasportatore con accrediti nel porto di Genova», dimostrandosi disponibile «a contattarlo e ad accompagnare Giuseppe Pellicanò e Massimo Antonio Tiralongo (il primo di Reggio e il secondo di Melito Porto Salvo, altri due indagati della stessa inchiesta seppure già gravati da una misura cautelare in carcere) ad un incontro con lui». Contatti plurimi, come rimarcano gli inquirenti nell’ordinanza di custodia cautelare: «A tale notizia il Pellicanò aggiungeva che una volta all’interno del porto avevano già contatti con altre persone». Una conversazione captata dagli 007 delle Fiamme Gialle è emblematica. Gli indagati non fanno mistero dell’a u t o n omia di cui godevano. Mettendosi nei guai: «Entriamo con lui, poi al porto facciamo quello che cazzo vogliamo». Altra intercettazione, ennesima prova dell’utilizzo del proto di Genova. Al telefono è ancora Giuseppe Galati, personaggio chiave dell’inchiesta. Contatta il cugino Paolo «e gli chiede la disponibilità di un incontro per parlare di un lavoro di trasporto da effettuare presso il proto di Genova, precisando che si trattava di “container” ed aggiungendo che se “ha amicizie là c’è da fare bene”, e perciò aveva pensato di chiamare lui in modo tale che se “c’è da guadagnare qualcosa è meglio che la guadagni lui”». Favori e servigi che i narcotrafficanti erano pronti a pagare a peso d'oro: «Sempre il Pellicanò prometteva compensi rilevanti nell’o rdine delle centinaia di migliaia di euro per ogni trasporto, compensi da percepire subito e in contanti, e ribadiva la necessità che preso l’impegno venisse mantenuto, ricevendone assicurazione da Rosario Galati. È proprio in tale occasione che il Pellicanò comunicava ai due fratelli Galati che era disposto a dare loro “100.000” euro che poi essi avrebbero diviso con i loro cugini». Intercettazioni che confermerebbero, secondo la tesi della Direzione distrettuale antimafia di Firenze guidata dal procuratore reggino Giuseppe Creazzo, come nell’area portuale genovese i narcotrafficanti nelle mani delle cosche Avignone di Taurianova e Paviglianiti di San Lorenzo godessero di ampi margini di manovra. La libertà necessaria per far entrare nei mercati della droga del nord Italia le infinite partite di cocaina acquistate dai narcos sudamericani. Con la benedizione della ’ndrangheta reggina.

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