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Calabria a rischio default

 Un insieme di cospicui “tesoretti” non sfruttati potrebbero far perdere alla Calabria un patrimonio di circa 1 miliardo e 900 milioni di euro di fondi comunitari. A riferirlo è Raffaele Rio, presidente di Demoskopika, che nella mattinata di ieri presso la sede rendese dell’istituto specializzato in ricerche di opinione e di mercato ha esplicitato le varie voci che paventerebbero un rischio “default” per la Calabria, analizzando poi le conseguenze che il disimpegno automatico di questi fondi potrebbe provocare sul tessuto economico. Dall’analisi delle “fasi di rischio” emerge, infatti, che a fronte di una dotazione complessiva “Por Calabria 2007-2013” pari a 2 miliardi e 689 milioni euro e di spese certificate all’Unione Europea, a valere sui fondi Fesr e Fse, pari a 1 miliardo e 715 milioni euro, rimangono 974 milioni euro da rendicontare fino al 31 dicembre 2015 al fine di scongiurare la procedura di disimpegno automatico. A queste vanno sommate altre risorse “a rischio”, ovvero quelle riallocate nelle varie fasi di riprogrammazione del Piano di azione per la coesione (Pac), pari a 897 milioni di euro. Lo studio “Fondi europei. Calabria in default” ha anche evidenziato un massiccio ricorso ai “progetti sponda” pari a 646 milioni di euro. Attraverso quella che Raffaello Rio definisce “via della disattenzione”, la grave emorragia di risorse metterebbe a rischio numerosi progetti che interessano settori “sensibili” come l’attuazione del piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, i contratti locali di sicurezza e la seconda manifestazione di interesse sui beni confiscati alla mafia, la realizzazione del servizio informativo sanitario regionale, gli interventi per la riduzione dei consumi energetici delle imprese localizzate nell’area industriale “Rosarno-Gioia-San Ferdinando” facenti parte dell’accordo di programma quadro (Apq) di Gioia Tauro, il grande progetto sulla nuova aerostazione di Lamezia Terme, la Gallico-Gambarie e l’ultimazione dei lavori della Trasversale delle Serre (SS182). Ecco, dunque, catalizzarsi l’attenzione sull’operato del governatore Mario Oliverio al quale Raffaele Rio sembra suggerire: «È bene chiarire che per ridurre il disimpegno automatico di una parte consistente dei fondi europei si continua ad abusare dell’artificio contabile dei progetti sponda a totale discapito del valore aggiunto che i progetti comunitari dovrebbero avere sul territorio in termini di rilancio economico e sociale». Sarebbero quattro, infine, le direttrici principali del ritardo nell’attuazione dei programmi comunitari: irresponsabilità politica, assembleari conferenze dei servizi, una miriade di ricorsi e freni burocratici. Tra quest’ultimi: «Una burocrazia esperta e consolidata che produce scientificamente tempi biblici dalla pubblicazione del bando, alla graduatoria dei beneficiari e all’erogazione dei fondi, fino alla certificazione della spesa e, in qualche caso, incapace di governare la complessa macchina dei fondi comunitari».

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