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Arpacal, nuovi guai giudiziari per Scalzo

 Primo punto fermo nell’udienza preliminare sulla stabilizzazione del personale Arpacal fra il 2008 e il 2010. Il pm Paolo Petrolo ha chiesto infatti il rinvio a giudizio di tutti gli indagati al termine della requisitoria tenuta ieri dinnanzi al gup Ilaria Tarantino. Con l’accusa di abuso d’ufficio rischia di finire sotto processo innanzitutto l’ex direttore scientifico dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, Antonio Scalzo, oggi presidente del Consiglio regionale. Ma nella stessa barca si trovano anche Giuseppe Graziano, ex dirigente generale del dipartimento Politiche dell’ambiente della Regione e oggi consigliere regionale; Vincenzo Mollace, ex direttore generale dell’Arpacal; Francesco Caparello, all’epoca dei fatti dirigente del settore Personale dell’Agenzia regionale; Luigi Luciano Rossi, ex direttore amministrativo della stessa Arpacal; Sabrina Santagati, ex direttore generale dell’Arpacal; Rosanna Squillacioti, all’epoca dei fatti dirigente di settore del dipartimento Politiche ambientali della Regione ed in seguito direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria. Alla discussione del pm, ieri, sono seguite le prime arringhe dei difensori: hanno discusso gli avvocati Enzo Savaro (in sostituzione di Vincenzo Ioppoli), Elisabetta Giorgi e Loris Maria Nisi. Nella prossima udienza fissata per il 9 aprile toccherà agli altri, tra i quali gli avvocati Antonella Canino, Giancarlo Pittelli, Giovanni Ciria, Giovanni Spataro, Francesco Gambardella e Nunzio Raimondi; subito dopo è prevista la decisione del gup sulle richieste di rinvio a giudizio. L’inchiesta fa riferimento a fatti risalenti ad alcuni anni fa, fra il 2008 ed il 2010, a partire da un protocollo d’intesa tra la Regione e l’Arpacal in base al quale si è dato il via alla stabilizzazione presso l’Agenzia regionale di 8 lavoratori con contratto a tempo determinato assunti dal Ministero dell’Ambiente e quindi assegnati all’assessorato Politiche ambientali della Regione. Snodo cruciale dell’inchiesta è un protocollo d’intesa tra Regione e Arpacal in base al quale si è dato il via alla stabilizzazione presso l’Agenzia regionale di otto lavoratori con contratto a tempo determinato assunti dal Ministero dell’Ambiente e quindi assegnati all’assessorato Politiche ambientali della Regione. Un’operazione che, secondo la Procura catanzarese, avrebbe violato le norme in materia di stabilizzazione di lavoratori precari della Pubblica amministrazione: se è vero infatti che il personale della “task force” stabilizzata non avrebbe mai precedentemente prestato servizio all’Arpacal, non sarebbe stato rispettato il principio secondo cui la stabilizzazione «può avvenire per esigenze permanenti dell’amministrazione stabilizzante con vacanze di organico per posizioni non dirigenziali da ricoprire da parte di lavoratori già impiegati nello stesso ente per almeno tre anni e in possesso dello specifico titolo di studio per il quale vi è la vacanza». Problemi sarebbero stati rilevati dagli inquirenti anche sui titoli: tre degli stabilizzati non sarebbero stati in possesso della qualifica professionale necessaria. Ma non è ancora tutto: il personale, secondo la Procura, nonostante l’assunzione “sospetta” all’Arpacal avrebbe comunque continuato a svolgere la propria attività lavorativa alla Regione. E ciò, secondo l’accusa, in contrasto con le previsioni alla base del protocollo d’intesa nel quale si sottolineava «la reale difficoltà a garantire lo svolgimento dei compiti e delle funzioni del dipartimento regionale Ambiente in merito alle proprie attività istituzionali senza l’ausilio e l’esperienza delle otto unità di personale in questione». Addirittura in un caso si sarebbe autorizzata una di queste unità lavorative a proseguire la propria attività presso la delegazione romana della Regione Calabria, «nonostante la stessa fosse stata – è la teoria dell’accusa – illegittimamente ed illecitamente stabilizzata per “urgentissime ed improrogabili attività istituzionali proprie del dipartimento Ambiente”». Stesso presunto “trattamento di favore” per un altro dipendente comandato su sua richiesta prima al dipartimento Infrastrutture e Lavori pubblici della Regione e poi rientrato al dipartimento provinciale cosentino dell’Arpacal; il terzo ed ultimo caso di questo genere concerne il trasferimento per mobilità di un dipendente presso il Comune di Reggio, stabilizzato anch’egli «per urgentissime ed improrogabili attività istituzionali del dipartimento Ambiente». 

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