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Il corpicino era nascosto sotto i pantaloni della madre

  Il corpicino penzolava sotto i pantaloni del pigiama. Era nascosto come un fagottino tra le gambe della madre. Stefania Russo arriva al pronto soccorso dell’ospedale di Corigliano a bordo di un’auto condotta dall’amica, Nunziatina Falcone. Non perde sangue, e il bimbo di sette mesi è ancora legato al cordone ombelicale. «Il piccolo –racconta un’infermiera in servizio la sera del 15 maggio del 2012 – era pulito, non mostrava tracce ematiche o di liquido amniotico... era come se fosse stato ripulito. Muoveva ancora le manine». Neppure sulla vettura che aveva trasportato la donna c’erano macchie di sangue. Eppure sia la Russo che la Falcone parlano ai soccorritori di un incidente stradale avvenuto poco prima. Un sinistro che ha provocato l’aborto della puerpera. Un altro paramedico rivela invece che il dottore Sergio Garasto gli ha ordinato di prendere un accesso venoso ed applicare una soluzione fisiologica alla Russo. L’uomo precisa pure di aver visto il medico toccare il feto ma di non averlo notato praticare il massaggio cardiaco, né visto impegnato a somminastrargli ossigeno. Una ginecologa svela ancora che il corpicino ormai senza vita è arrivato nel suo reparto «ancora attaccato al cordone ombelicale» e che la madre non «presentava segni di lesione che potessero ricondurre l’aborto a un evento traumatico». Di più. La sanitaria chiarisce di aver «ispezionato» il corpo di Stefania Russo senza tuttavia notare «alcun segno di urto o di trauma violento e poiché anche l’ispezione uterina non aveva evidenziato elementi che potessero far presumere l’esistenza di un trauma ho deciso di informare i carabinieri». È sempre questo coraggioso medico a spiegare come la situazione della paziente non le apparve assolutamente compatibile con quanto, al contrario, risultava dal certificato rilasciato poco prima dal collega del Pronto soccorso nel quale si faceva riferimento ad una «policontusa con trauma addominale». L’ultimo contributo alle indagini condotte dai finanzieri del colonnello Giosuè Colella è arrivato da un operatore socio-sanitario in servizio nel nosocomio di Corigliano. L’uomo ha raccontato che Nunzia Falcone, all’incirca 15 giorni prima del successivo aborto della Russo, gli aveva detto che «una sua amica era incinta e voleva interrompere la gravidanza e se era possibile farlo in ospedale». Ottenuta risposta negativa non l’aveva più rivista. La Russo, la Falcone, Garasto e un loro presunto complice, Pietro Andrea Zangaro sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in infanticidio. Nelle prossime ore saranno interrogati dal gip di Castrovillari, Letizia Benigno. Gli indagati si protestano innocenti e tali dovranno essere considerati sino alla definizione della vicenda. Contro il medico Sergio Garasto l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza ha adottato un provvedimento di sospensione dal servizio. 

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