I fotogrammi dell’orrore. Capaci di lasciare di stucco anche chi pensava di averle viste tutte, al netto d’una lunga carriera a caccia di criminali d’ogni genere. «Sono davvero immagini raccapriccianti, non mi era mai capitato nulla del genere» rivela l’esperto investigatore dopo ore e ore trascorse davanti allo schermo, interminabili giri di lancette passati a visionare col groppo in gola i circa cento tra video e foto sequestrati a un uomo accusato del più turpe dei reati: lo stupro ripetuto di alcune bambine. È del resto durata per l’intera giornata di ieri l’allucinante verifica del materiale rinvenuto dai carabinieri della Stazione Principale di Cosenza, guidati dal tenente Jacopo Passaquieti e dal luogotenente Cosimo Saponangelo, piombati giovedì scorso in casa d’un pensionato per trovare riscontri a quell’orribile sospetto. E le conferme sono arrivate, anche perché il protagonista di questa terribile storia – un 74 enne per il momento denunciato a piede libero – messo alle strette dai militari bruzi diretti dal comandante provinciale Giuseppe Brancati, ha ammesso di aver avuto rapporti intimi con due sorelline rom. Ma allo stesso tempo s’è difeso. Sostenendo di non aver fatto nulla di così grave visto che erano i genitori stessi delle ragazzine – piccole d’età compresa tra i 10 e 14 anni –ad acconsentire a quegli incontri, ovviamente dietro pagamento di cospicue somme di denaro. Al resto ci pensava lui, filmando e scattando foto dal contenuto inequivocabile. Proprio dall’analisi di quelle immagini è emerso uno scenario ancora più inquietante rispetto a quanto scoperto fino a ieri. Nei filmati pedopornografici compaiono secondo gl’inquirenti almeno 8-9 ragazzine diverse, comprese le due sorelline, tutte d’etnia rom. Le indagini ancora in corso – coordinate dalla Procura ordinaria rappresentata dal pm Salvatore Di Maio e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – si sono così inaspettatamente estese, restando comunque concentrate sull’enorme bidonville edificata sulle rive del fiume Crati, a pochi passi dalla stazione ferroviaria del capoluogo bruzio. Esattamente lì, tra quelle baracche di legno e cartone piantate nella fanghiglia, sarebbe germogliata l’idea di vendere a scopi sessuali bambine in tenera età. Piccole costrette ad andare a casa di quell’uomo (e forse anche di altri), a seguirlo in qualche casolare al riparo da occhi indiscreti, a salire sulla sua automobile. Una storiaccia lunga, iniziata tre anni fa e durata fino al gennaio scorso. È stata infine una giovane, indignata e inorridita dall’aver notato quelle due ragazzine appartarsi col pensionato, a liberare il suo cuore ferito di donna davanti ai militari dell’Arma. I carabinieri non hanno perso tempo, verificando ogni virgola di quel viaggio negli inferi della pedofilia. E per questo motivo adesso sono gli stessi detective agli ordini del colonnello Brancati a voler lanciare un appello: chi è a conoscenza di fatti e circostanze utili alle indagini, contatti anche anonimamente le forze dell’ordine. Un gesto di grande civiltà, necessario e irrinunciabile per porre fine a uno scempio indicibile.
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