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Confermato l’ergastolo al killer in “trasferta”

  La passione per la lupara. Due padrini sarebbero stati uniti dalla comune capacità di essere “menti” organizzative e “azionisti”delle loro rispettive “famiglie”. Antonio Forastefano, detto “Tonino il diavolo”, padrino di Cassano, è reo confesso di sette efferati delitti compiuti tra il Cosentino e il Vibonese; Bruno Emanuele, “capobastone” di Gerocarne, è invece un detenuto modello che con i pubblici ministeri antimafia non ha mai aperto bocca. Entrambi sono stati ritenuti responsabili e condannati dalla Corte di assise di appello di Catanzaro per due omicidi consumati, in meno di un anno, a cavallo tra il 2003 e il 2004, nella Sibaritide. Fu Emanuele, secondo i giudici che gli hanno inflitto l’ergastolo, a far fuoco con un fucile calibro 12 caricato a lupara prima contro Nicola Abbruzzese e, poi, all’indirizzo di Antonio Bevilacqua, inteso come “Popin”. Due agguati “perfetti” portati a termine senza provocare vittime collaterali nell’ambito di un rapporto per così dire sinallagmatico intessuto con “Tonino il diavolo”, per lungo tempo signore e padrone dell’area sibarita. Emanuele e Forastefano facevano affari e uccidevano insieme, scambiandosi “piaceri” mortali. È stato proprio Forastefano a raccontarlo quando ha deciso di collaboratore con la giustizia. «Io consideravo Bruno Emauele – ha detto il boss pentito – come un fratello. Ebbe bisogno di me per eliminare i fratelli Loielo, a Gerocarne che gli davano dei problemi nel suo territorio. Ed io, nell’aprile del 2002, feci da killer. Poi fu lui, nell’ottobre di quello stesso anno ad aiutarmi ad uccidere Eduardo Pepe e Fioravante Abbruzzese a Cassano, che erano diventati un fastidio per me». Sparavano insieme, i due padrini. Da Cassano a Gerocarne, l’uno aiutava l’altro e insieme erano infallibili. Bruno Emanuele, difeso dagli avvocati Giancarlo Pittelli e Enzo Galeota, si è però sempre protestato innocente. Forastefano, invece, ha parlato incassando adesso una condanna a 14 anni di reclusione. La Corte catanzarese ha infatti accolto le richieste del pg Marisa Manzini, ritenendo “il diavolo” e il suo vecchio alleato responsabili dei delitti Abbruzzese e Bevilacqua. La parola passa adesso alla Corte di Cassazione.

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