È quando si entra nel dettaglio che si capisce il perché si sia deciso di mettere i sigilli non solo allo stabilimento ma anche a circa duecentoquindici tonnellate di merce il cui valore sul mercato si aggira intorno ai trecentocinquantamila euro. Dall’ispezione, infatti, sarebbe emerso non solo la scarsa igiene ma anche l’impossibilità di tracciare il prodotto il cui ciclo produttivo –sempre stando a ciò che è stato rilevato dai carabinieri del nucleo antisofisticazione –non avrebbe avuto un piano di autocontrollo e in alcune fasi della lavorazione avrebbe mostrato «evidenti» segni di contaminazione e alterazione, proprio, per la presenza di corpi estranei la cui natura – scrivono i carabinieri nel verbale dal quale è scaturito il sequestro dell’opificio – è al momento sconosciuta. Oltre ai corpuscoli scuri i Nas avrebbero riscontrato anche tracce di muffa e difetti di confezionamento. Altro capitolo quello che riguarda il cosiddetto approvvigionamento dell’acqua che sarebbe avvenuto attraverso due pozzi artesiani.
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