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Braccianti bulgari sfruttati nei campi di Calabria e Puglia

C’è un redditizio traffico di uomini e donne dalla Bulgaria all’Italia. Braccia da sfruttare in agricoltura per poche decine di euro al giorno, con gran parte del compenso trattenuto dai caporali. I quali sono bulgari come gli schiavi del terzo millennio, protagonisti d’un business radicato nella Sibaritide che ovviamente ingrassa pure la malavita. È un filone d’indagine ancora tutto da scrivere, sul quale sta lavorando da tempo il commissariato di polizia di Castrovillari con il vice questore Giuseppe Zanfini, ora alla guida della squadra mobile di Cosenza, e l’ispettore Rocco Botta. Due investigatori in trincea, che assieme ai colleghi hanno indagato per mesi su una pista inizialmente debole ma irrobustitasi giorno dopo giorno. Tutto è cominciato da una segnalazione dell’Interpol, giunta negli uffici della polizia di Castrovillari come in quelli di altre città d’Italia, la quale segnalava un traffico di braccianti dalla Bulgaria al Belpaese. All’ombra del Pollino i due poliziotti hanno fiutato che quelle poche righe diramate dal circuito internazionale potevano riguardare proprio il loro territorio di competenza. Perciò, con pazienza e capacità, hanno cominciato a seguire la traccia che li ha condotti nei ricchi campi coltivati della Sibaritide. E che dopo mesi di lavoro certosino, attento, di qualità, ha permesso loro di sistemare sul tavolo della procura della Repubblica di Castrovillari un’informativa in cui è ricostruito nei dettagli, con riferimenti e riscontri, un sistema capace di veicolare centinaia di uomini e donne dalle steppe bulgare all’assolata e florida piana di Sibari.

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