Nel carcere di Castrovillari in un silenzio quasi surreale, risuonano le urla disperate di Antonia Jannicelli, la giovanissima mamma di Cocò, il bimbo di tre anni ucciso con il nonno Giuseppe e la convivente marocchina di 27 anni in un agguato di chiaro stampo mafioso. Una esecuzione brutale che ha fatto inorridire l’Italia intera. Antonia e il marito Nicola Campolongo, anch’egli recluso, hanno ricevuto la visita di alcuni familiari e delle due bimbe affidate ad una zia. A riferirlo Franco Corbelli, leader di Diritti Civili. Lui una maschera di sofferenza, ammutolito dal dolore, lo sguardo perso nel vuoto per un dolore troppo grande. Lei piange, si dispera “Hanno ucciso un angelo, perché lo hanno fatto? Perché hanno ucciso il mio Cocò?”. Lo ripete come un mantra da giorni, da quando ha saputo che il bimbo era stato giustiziato come un boss e dato alle fiamme. E pensare che lei si era battuta perché uscisse dal carcere dopo è stato per alcuni mesi appena l’hanno arrestata perché quello non era un posto per un bambino. Tra il personale penitenziario e tra i detenuti c'è grande compassione per lo strazio di questa mamma.
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