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Operazione Plinius
altri due in manette

Con l’arresto, la notte scorsa di Francesco La Greca,, 38 anni, ritenuto vicino alla ndrina Valente- Stummo e che si è costituito nel carcere di Paola  e di Giuseppe Biondi 44 anni dipendente dell’ufficio tecnico del comune di Scalea  salgono a 36 le persone arrestate nell’ambito dell’operazione “Plinius” condotta dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza coordinati dalla DDA di Catanzaro in quella che viene considerata una delle più importanti inchieste antimafia sul tirreno cosentino e che ha decapitato non solo la consorteria ndranghetistica locale, ma anche l’amministrazione comunale. In carcere sono finiti il sindaco, 4 assessori e alcuni tecnici e funzionari.  Sono ancora ricercati Alvaro Sollazzo 48 anni e Marco Zaccaro 30 anni. Una inchiesta che ha acclarato un intreccio perverso tra politica e  criminalità organizzata. Non un tentativo di infiltrazione, ma il pieno controllo dell’attività amministrativa. Amministratori e malavitosi insieme come si vede dalle tantissime intercettazioni alla base dell’inchiesta, non solo nello studio dell’avvocato Nocito, diventato fulcro degli affari, ma anche durante incontri apparentemente innocenti e normali come quelli in un centro commerciale, per decidere a chi affidare gli appalti, come redigere i bandi per favorire imprese e ditte a loro vicine o direttamente collegate, a chi dare le concessioni demaniali, le autorizzazioni. Insomma a Scalea, cosa pubblica e interessi illeciti, criminali- secondo gli inquirenti che dal 2010 hanno pedinato, osservato, intercettato, riscontrato – erano diventati un tutt’uno. Una presunta cupola che utilizzava il potere politico e amministrativo per favorire, per condizionare, per intimidire. Guai a ribellarsi. Ne sa qualcosa il consigliere comunale a cui sono state rivolte pesantissime minacce per aver messo in discussione una concessione. Una occupazione militare, potremmo dire di un presidio istituzionale che ha determinato una sorta di assuefazione e di omertà aggravate dal fatto che il confine tra legalità e illegalità era diventato labile, impercettibile. Non è stato facile per i carabinieri di Scalea e del comando provinciale di Cosenza insieme al sostituto procuratore antimafia Vincenzo Luberto mettere a posto le tessere di questo intricato mosaico. Un lavoro paziente, certosino, complicato supportato da un controllo costante del contesto investigato. Grazie alle cimici e alle videocamere sono stati cristallizzati contatti, accordi  ruoli.

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