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Omicidio Dodaro, i
nomi degli esecutori

Un delitto impunito. E due fantasmi. Mario Dodaro, imprenditore, dirigente sportivo, esponente della Democrazia cristiana, venne assassinato da due rapinatori la sera del 13 dicembre 1982. Tornava a casa dopo una dura giornata di lavoro. Volevano punirlo perché non s’era piegato al racket, sottraendogli l’incasso dell’azienda che portava in un borsello. Tentò di resistere ai malviventi che l’uccisero. La moglie ed i figli attendono da 31 anni giustizia. Dopo l’omicidio, infatti, sei esponenti della criminalità organizzata bruzia vennero condannati per tentata estorsione ma non per il crimine. I giudici stabilirono che la morte dell’imprenditore non era riconducibile a loro responsabilità. Mancavano prove, testimoni e movente. I nomi dei killer rimasero sconosciuti per più di un decennio, fino a quando “pezzi da novanta” della ‘ndrangheta cosentina non decisero di collaborare con la giustizia. I pentiti – per primo vuotò il sacco Roberto Pagano – indicarono il contesto e la dinamica dell’agguato mascherato da rapina. E le indagini ripartiirono faticosamente ma senza giungere a risultati concreti. Nei mesi scorsi la svolta. Il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo e l’aggiunto Giuseppe Borrelli, hanno riaperto il caso dopo che la magistratura inquirente di Cosenza s’è spogliata del fascicolo ritenendo gli accadimenti giustamente collegati ad uno scenario mafioso. E la nuova inchiesta è finita nelle mani del pm distrettuale Pierpaolo Bruni. Un togato che la ‘ndrangheta la conosce bene e la combatte da sempre. Il lavoro investigativo deve fare i conti con il tempo trascorso e l’inevitabile mutamento complessivo del contesto anche se dalle “carte” finite nei fascicoli di altri processi e dalle deposizioni rese pubblicamente dallo stesso Pagano in aula è possibile conoscere i nomi dei presunti autori materiali della rapina mortale. I collaboratori di giustizia indicano quasi univocamente in Alfredo Andretti, assassinato in un bar di Cosenza il 5 luglio del 1985, e Riccardo Greco, detto “Cesarino”, morto suicida nel carcere di Rebibbia il 10 agosto del 2010, gli esecutori dell’agguato. Si tratta, ovviamente, di circostanze da verificare anche se offrono una prima chiave di lettura. L’inchiesta della Dda starebbe puntando, partendo proprio dall’ipotizzato coinvolgimento di Greco e Andretti, a dare un volto agli ideatori e mandanti del “colpo” finito in tragedia. Conoscere intanto, dopo 31 anni, almeno due nomi sembra incredibile ma è un passo in avanti.

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