L’inferno non ha più l’odore del catrame bollente. E i birilli ammaccati dalle auto in corsa, la segnaletica d’emergenza graffiata dalla ruggine, non compaiono con la frequenza d’inquieti spettri tra i cartelli scoloriti che segnalano i vecchi svincoli. Lo scenario, seppur lentamente, tra colpevoli ritardi e furenti polemiche, sta cambiando. L’autostrada Salerno-Reggio Calabria è oggi più simile al purgatorio che non a quel regno di Belzebù attraversato nell’ultimo decennio da migliaia e migliaia di automobilisti. L’Anas, che in questi anni ha interpretato lo scomodo ruolo del “Caron dimonio” mostra al mondo, con moderata soddisfazione, i risultati d’un ammodernamento che sembrava infinito e che il suo presidente, Pietro Ciucci, annuncia invece come finito entro il dicembre di quest’anno. Nessuno in fondo gli crede, anche se ponti avveniristici e corsie allargate aumentano col passare delle settimane. Tanti, in questo scorcio di secolo, sono stati i ministri e i sottosegretari accorsi sotto il sole “ardente e dispettoso” (così lo definiva Leonida Repaci) per inaugurare nuovi tratti e annunciare completamenti in tempi brevi. Tanti politici, accompagnati da reggicoda e partitanti, poi impietosamente smentiti dai fatti. I calabresi hanno perciò sviluppato una sorta di sana idiosincrasia per i “tagli del nastro” e le dichiarazioni ad effetto scegliendo, dopo delusioni e tradimenti, l’illuminata strada percorsa da San Tommaso d’Aquino: “vedere per credere”. Certo, dell’autostrada immaginata per compiacere Giacomo Mancini, fatta di curve improponibili, arrampicata tra le colline, immersa nelle vallate, lontana dal mare, rimane lo sventurato impianto. Il percorso fu voluto così dall’illustre uomo politico perché la sua città, Cosenza, non restasse tagliata per sempre fuori dallo sviluppo dei collegamenti viari. Epperò oggi le curve appaiono addolcite, le gallerie più grandi, i guard rail più sicuri anche se il tracciato, sebbene allargato, rimane poco funzionale ed eccessivamente distante da una moderna concezione di sviluppo lineare dei collegamenti stradali. Quale elefantiaco sforzo, in termini progettuali, imprenditoriali e finanziari, sia stato compiuto per rendere più all’avanguardia l’A3 lo si può desumere dal monte di miliardi spesi e dal numero di deviazioni ancora esistenti. Pino Aprile in un suo celebre volume –“Terroni” – ha offerto un esaustivo quadro di cosa l’autostrada abbia rappresentato in senso economico anche per le organizzazioni criminali. Un quadro confermato dalle inchieste delle procure antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro che hanno però segnato un punto di svolta positivo. Le indagini condotte, infatti, hanno impedito alle cosche di ripetere l’assalto alle risorse compiuto in occasione della stessa costruzione della Salerno-Reggio e della realizzazione di altre imponenti opere pubbliche. Le infiltrazioni sono state individuate e rimosse ed i boss pronti a batter cassa spediti in galera. All’«inferno» sono state insomma sottratte intere “legioni di demoni”. Rimane, però, l’incertezza dei tempi di percorrenza del tratto autostradale regionale, l’incognita dei doppi sensi di circolazione, l’inevitabile imbuto creato tra Bagnara e Villa San Giovanni per rifare ponti e viadotti. Rimane la difficoltà concreta di raggiungere, seguendo ragionevoli tabelle di marcia, gli imbarchi per la Sicilia. Basta fermarsi ad un autogrill e chiacchierare con gli automobilisti per averne testimonianza e lamento. Quando, nell’Ottocento, Alexandre Dumas proveniente dall’isola di Trinacria attraversò la Calabria, provò ad immaginarla servita da una grande strada capace d’unire le balze aspromontane a quelle del Pollino. Una strada che avrebbe avvicinato le genti, migliorato i commerci, favorito i visitatori. L’idea originaria dello scrittore francese è stata poi tradotta in concreto proprio dalla realizzazione dell’A3. Un’autostrada tuttavia costruita come già vecchia, senza corsie di emergenza, con aree di sosta inadeguate, tunnel asfittici, ponti immaginati con concezioni largamente superate. Così, mentre in Settentrione entravano in funzione strutture viarie d’altro genere e portata, è stato necessario pensare a un significativo e costosisimo riammodernamento, che è quello in corso. Avventurarsi da Castrovillari a Reggio Calabria non è agevole come lanciarsi sulla Napoli- Roma oppure spostarsi da Milano a Torino. Pur tuttavia, incrociando tra San Mango d’Aquino e Falerna le prime significative riduzioni di corsie di marcia, s’avverte come la sensazione del vicino compimento di un’opera. Immensi muraglioni contengono le zampate improvvise delle colline, ruspe rubano la terra alle campagne, operai s’accalcano a piegare il ferro del cemento armato. Un ampio svincolo restituisce spazi e importanza alla riviera che da Falerna s’allunga sino a Capo Suvero. Le auto riprendono lì a scorrere veloci fino a Lamezia Terme dove riprende il “calvario” d’un tempo. Cumuli di sabbia e camion impolverati segnalano la presenza dei lavori mentre le vetture si sfiorano lungo un budello d’asfalto che corre accanto alla ferrovia. E così accade che i treni volino sulle linee ferrate ed i veicoli si trascinino, invece, a passo lento sull’A3. Si riprende a bruciar benzina e gasolio fino a Mileto da dove gli incubi appena sopiti si ripropongono come compagni di viaggio fin dopo Rosarno. Una immensa rampa rotatoria disegnata dalle pale meccaniche testimonia di cosa l’ammodernamento riserverà alla cittadina pianigiana. L’ingresso autostradale, una volta ultimato, sarà pari a quello già funzionante nelle città del Nord. E quaggiù, dove l’emigrazione s’è mangiata intere generazioni, si avrà almeno la soddisfazione di disporre così d’uno svincolo come quello delle metropoli dove vivono figli, fratelli, cugini e compari. Il percorso torna agevole attraversando i territori di Gioia Tauro e Palmi sin dopo lo svincolo di Bagnara. Territori paradisiaci, con ulivi secolari rinfrescati da brezze leggere, terrazzamenti sul mare, vigneti prolifici descritti con poetica ammirazione nell’Ottocento dallo scrittore e illustratore inglese Edward Lear. L’amenità dei luoghi serve però solo ad addolcire l’animo prima di precipitare – questa volta per davvero – in un limbo dantesco e infernale. Da Bagnara in avanti la lingua di catrame consunto si calpesta procedendo su una sola corsia di marcia, dietro autotreni che scaricano fumi velenosi, operai ed escavatori arrampicati sulle colline sventrate, cantieri pieni come alveari, scatoloni di lamiera rovente trasformati in punti d’appoggio per tecnici e manovalanza. Qui sì non si vede la fine. E torna caro l’insegnamento di Corrado Alvaro sulla pazienza. «Una costante dei calabresi – scriveva – che anziché indebolirli li ha resi più forti». Una pazienza che dovrà contagiare, questa estate, pure tutti i turisti diretti in Sicilia. Una pazienza che speriamo duri sino alla fine dell’anno quando, come Ciucci ha annunciato, finiranno i lavori. A ridosso di Natale capiremo se e quanto, per dirla con Cicerone, «abuseranno ancora della nostra pazienza».
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