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Santa Tecla, fari
puntati sul filone
a “luci rosse”

Il processo d’appello “Santa Tecla” è stato aggiornato ai prossimi 3 e 4 aprile. Mercoledì è toccato all’avvocato Salvatore Sisca discutere della posizione dei suoi assistiti. L’avvocato Sisca ha svolto la sua arringa a favore di Leopoldo Cosimo Martilotti, tornato in libertà dopo essere stato condannato in primo grado nel dicembre 2011 a tre anni di reclusione. L’accusa contro Martilotti è di aver fatto da prestanome nella ditta di cartoplastica che, secondo le risultanze investigative, di fatto gestiva Maurizio Barilari, ritenuto uno degli esponenti di spicco della ’ndrangheta coriglianese. La difesa ha messo in discussione le dichiarazioni di due pentiti, Carmine Alfano e Vincenzo Curato, che hanno svelato la “partita di giro” messa in piedi per favorire il boss. Per il legale, tuttavia, Alfano non può ritenersi obiettivo perché ha aperto un contenzioso proprio con Martilotti, dal quale attenderebbe la liquidazione di 19mila euro per un non meglio precisato rapporto di lavoro. Le dichiarazioni di Curato, per l’avvocato Sisca, sarebbero altrettanto invalide per il solo fatto che nel periodo dell’apertura dell’attività economica sott’accusa il collaboratore di giustizia era detenuto. Successivamente l’avvocato è entrato in merito alla vicenda di night club e case di prostituzione, il filone a luci rosse emerso con l’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro. L’avvocato Sisca difende due donne ucraine, mamma e figlia, Liliya Brevtsyk e Halyna Voytovych, accusate di aver gestito una all’interno del Night Club di Cesare Cardamone di cui sono rispettivamente compagna e suocera. Sisca ha ripercorso come all’interno del locale le uniche attività che venivano svolte erano di un comunissimo night dove le ragazze ballavano e si accompagnavano ai clienti ai tavoli dove venivano “obbligatoriamente” spesi dei soldi per le consumazioni. Più il cliente si intratteneva, più doveva consumare bevande. Ma per l’avvocato le sue assistite in quel locale non ci sarebbero mai state. Eppure, in primo grado, le due sono state condannate a sei anni di reclusione. Mentre adesso, il procuratore generale Salvatore Curcio ha chiesto una pena a 3 anni e sei mesi. Per quanto riguarda Santa Tecla è fissata per il 22 maggio l’arringa difensiva dell’avvocato Franco Coppi per Mario Straface. Intanto si avvia alle battute conclusive il processo Timpone Rosso che riguarda ben dieci omicidi consumati nella Sibaritide e nel Cosentino per il quale il prossimo 3 aprile è prevista la replica del pubblico ministero Vincenzo Luberto. In aula ieri l’avvocato Marcello Manna, difensore di Ciro Nigro e Damiano Pepe, che ha parlato dell’omicidio di Giorgio Salvatore Cimino consumatosi nell’estate del 2001 a Corigliano. Manna ha riferito che Pepe non avrebbe potuto partecipare a quel delitto perché, proprio quel giorno, era padrino di un battesimo a Lauropoli di Cassano. Secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, l’omicidio si consumò con il killer che, a bordo di una moto guidata proprio da Pepe, scaricò contro Cimino una pioggia di piombo.

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