Il jazzista americano Wayne Shorter, sassofonista considerato uno dei più grandi compositori di jazz degli Stati Uniti, nei giorni scorsi è morto a Los Angeles all’età di 89 anni. Nato il 25 agosto del 1933 a Newark, la sua influenza sul jazz è durata più di mezzo secolo ed era considerato, come scrive il New York Times nel suo necrologio, un musicista "innovatore», «intrepido» ed «enigmatico». Una vera leggenda del jazz, il genere che aveva abbracciato negli anni 50 dopo un’iniziale carriera da clarinettista. «Compositore visionario, sassofonista, artista visivo, devoto buddista, marito, padre e nonno affettuoso Wayne Shorter ha intrapreso un nuovo viaggio, di nuove sfide e possibilità creative», ha scritto in un comunicato la sua agente Alysse Kingsley, definendolo «uno spirito gentile in costante esplorazione». Sassofonista tenore, ha esordito nel 1959 quando si unì alla band del batterista Art Blakey, i Jazz Messengers, sia come sassofonista che come compositore, e qualche anno dopo entrò a far parte del secondo quintetto di Miles Davis con il pianista Herbie Hancock, il contrabbassista Ron Carter e il batterista Tony Williams. Di lui Hancock una volta disse: «Lo scrittore per eccellenza per me, in quel gruppo, era Wayne Shorter. Era un maestro. E’ stata una delle poche persone a portare a Davies della musica che non ha cambiato». «E' stato il mio migliore amico, era pronto per la sua rinascita. Come ogni essere umano, sarà insostituibile e come sassofonista, compositore è stato in grado di raggiungere l’apice dell’eccellenza», ha scritto ancora il pianista. Molte delle composizioni testurizzate ed ellittiche di Shorter, tra le quali «Speak No Evil», «Black Nile», "Footprints» e «Nefertiti», sono diventate dei classici del jazz moderno e hanno ampliato gli orizzonti armonici del genere. Shorter ha pubblicato più di 25 album e ha vinto 12 Grammy Awards. Nel 2015 gli è stato conferito il Grammy alla carriera. Il mese scorso ne ha vinto uno nella categoria del miglior assolo jazz improvvisato per «Endangered Species» con Leo Genovese.
Il ricordo del festival calabrese "Armonie d'arte"
Il festival calabrese Armonie d'arte ha voluto ricordare Wayne Shorter con un messaggio toccante, partendo proprio da una frase del grande artista. Ecco il messaggio: "Non mollate mai! Siete molto importanti per il futuro di questo mondo! Questa è stata un’indimenticabile esperienza, non saremo gli stessi dopo essere stati qui! Grazie per quello che fate!" Così scriveva proprio Wayne Shorter, dopo il suo concerto del 29 luglio 2013 al Parco archeologico Scolacium di Borgia fortemente voluto dal direttore artistico Chiara Giordano. Difficile trovare un aggettivo per la vertiginosa sapienza musicale di Wayne Shorter, l'uomo che ha cambiato di continuo la prospettiva che il Jazz avrebbe potuto avere. Dapprima con i Messengers di Art Blakey, poi nel favoloso quintetto di Miles Davis, quindi con i Weather Report dell'enigmatico Joe Zawinul e ancora forgiando il suo destino da solo, senza negarsi ad altre collaborazioni che hanno reso ancora più luminosa la sua stella, fra cui quelle con Carlos Santana, Joni Mitchell, Milton Nascimento. Un eclettismo molto apprezzato dalla critica, che lo portò a vincere ben 11 Grammy per la musica. Mantenendo la sua umanità, alternandosi al sax tenore come al soprano, Shorter è arrivato in Calabria per un'esibizione esclusiva, che ha riempito totalmente lo spazio fra la mente ed il cuore, grazie anche al trio stellare che lo accompagnava sul palco. Danilo Perez, John Patitucci e Brian Blade, altri assi capaci di ulteriore luce. E non poteva essere altrimenti: il leader fu capace di mostrare alla gremitissima platea un mondo interiore spiritualmente libero, in cui l'arte era declinata immancabilmente con la vita, con la prima che scandiva il senso ed il significato dell'altra, senza alcun tipo di mistificazione o sopraffazione. I quattro musicisti agirono con una creatività senza limiti, plasmando la materia sonora e le relazioni tra gli strumenti in un continuo processo stimolante e persino piacevolmente estenuante, in un miracoloso, indefinito equilibrio tra squarci melodici, fortissima propensione al cromatismo e vigore ritmico. Ovvero il trionfo dell’improvvisazione legata alla musica, l'eterna linfa vitale del jazz. Grati lo ricordiamo con l'affabilità dimostrata una volta sceso dal palco, celebrando il suo addio terreno con la rinascita che lo attende, insieme al coraggio del suo cuore e l'amore e la compassione dimostrata per tutti quelli che ne hanno incrociato il destino".