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Maria Antonietta Rositani, bruciata dall'ex marito: "Donne raccontate la verità. E le istituzioni siano subito d'aiuto"

"Piano piano provo a riprendermi. Ringrazio Dio che mi ha dato la forza per denunciare mio marito, che picchiava anche mia figlia. Il messaggio di ogni giorno è vivere la vita, le donne devono denunciare e chi riceve la denuncia deve essere abile ad ascoltare quella donna che sta chiedendo aiuto. Aiuto che io chiesi ma che purtroppo non mi fa dato al momento". Maria Antonietta Rositani porta la sua testimonianza e lo fa alla Prefettura di Messina in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

La storia di Maria Antonietta Rositani

Al momento del tentato omicidio, Russo era ai domiciliari perché era stato condannato dal tribunale di Reggio Calabria a 3 anni e 2 mesi per le violenze contro la moglie e la figlia. La ragazza, la notte del 20 dicembre 2018, aveva tentato di difendere dalle botte la madre. L’uomo, infuriato, le aveva dato uno schiaffone al volto, facendola sanguinare. Ciò spinse Maria Antonietta una volta per tutte a denunciarlo per violenza domestica, dopo 20 anni di sofferenze subite in silenzio. Il giorno dell’agguato incendiario, il 12 marzo del 2019, Russo evase con uno stratagemma dalla casa dei genitori ad Ercolano (in provincia di Napoli) – dove era ai domiciliari – e guidò indisturbato per 500 chilometri per raggiungere l’ex moglie a Reggio Calabria. Erano in lite sull’affido dei loro due figli. Lungo una strada della città calabra, dopo che la donna aveva accompagnato il figlio minore a scuola, Russo speronò la sua auto e – una volta bloccata la donna dal lato del guidatore – le lanciò addosso del liquido infiammabile e le diede fuoco.

“Gridava: "muori, muori" il mio ex marito, mentre mi incendiava il viso e il corpo con la benzina – ricorda Maria Antonietta -. Ero impazzita dal dolore, il fuoco mi mangiava la carne, ma dentro di me c’era una voce che urlava: non muoio, no, vado dai miei figli. Correvo con le fiamme addosso, c’era una pozzanghera, ricordo di aver messo la faccia in quell’acqua sporca cercando di spegnere le ustioni, correvo buttando via i vestiti, correvo con la volontà disperata di restare viva”.

Russo venne catturato dopo una fuga durata 24 ore e arrestato. Il 13 luglio 2020 il giudice del tribunale di Reggio Calabria ha inflitto a Ciro Russo diciotto anni di carcere. Lo scorso 8 giugno, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha disposto la perizia psichiatrica.

 

 

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