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Il "freddo" di Romanzo criminale, Vinicio Marchioni da Torre Melissa con la Calabria nel cuore

L'attore, che sta vivendo un periodo artistico straordinario, racconta la sua carriera partita da Torre Melissa, dov’è cresciuto: «È il luogo che mi ha insegnato l’ampiezza dello sguardo»

Il grande pubblico lo ha conosciuto per “Romanzo Criminale”. Ma il personaggio del Freddo è arrivato solo a consacrare un attore straordinario che ha costruito la sua carriera con tenacia, anzi con fedeltà, perché è il mestiere che ha scelto lui.
Vinicio Marchioni sorride, prende una pausa, e cambia subito registro linguistico, rispolverando il dialetto delle sue origini calabresi. E subito riavvolge il nastro dei ricordi per rievocare come tutto è nato. «La mia passione – racconta – è nata tra i banchi di scuola e ricordo che avevo un insegnante di Lettere, Alberto Averini, che quando spiegava la Divina Commedia si emozionava molto e lo faceva con un trasporto che mi colpiva. Ci raccontava che aveva frequentato il primo anno dell’Accademia d'arte drammatica “Silvio D'Amico” e poi la sua famiglia lo aveva “costretto” a intraprendere la carriera di docente e quindi dovette rinunciare al suo sogno. Finita la scuola mi sono iscritto a Lettere e già all’epoca avevo un pallino fisso: scrivere. Volevo fare forse il regista, lo sceneggiatore oppure il giornalista. Di sicuro volevo raccontare storie».

Gli albori

Vinicio per curiosità cominciò a frequentare posti e situazioni dove fare un po’ di pratica ed è lì che arrivò quella che definisce la “vera maledizione”, vedendo applicati i metodi Stanislavski e Grotowski. Per pagarsi la “Libera Accademia dello Spettacolo”, diretta da Riccardo Garrone, si candidò per il posto di segretario, abbandonando così i banchi universitari anche se per la corona d'alloro gli mancano solo quattro esami. E probabilmente l'artista un giorno si laureerà per fare contenta la madre, che gli ha fatto respirare l’aria calabrese: «Mamma Angela Maria – continua – mi ha sempre lasciato libero di scegliere. Lei è originaria di Torre Melissa, nel Crotonese, e io sono cresciuto lì. Sono nato a Roma il 10 agosto e cinque giorni dopo mi hanno portato subito a mare. Con il trascorrere degli anni le mie estati le ho sempre vissute in Calabria così come tutte le feste comandate. E i miei migliori amici vivono là, sono quattro e ci conosciamo da quarant’anni. È il luogo che mi ha insegnato l'ampiezza dello sguardo, i miei nonni hanno costruito proprio sul lungomare e il mare davanti significa per me non avere nessun ostacolo, fino alla linea dell'orizzonte. Significa vedere il sole che si rinnova ogni mattina e la luna la sera, con milioni di riflessi sula mare che cambiano. E questo diventa una metafora della vita perché il mestiere dell’attore è fatto di ondate: grandi periodi in cui sembri il nuovo e momenti di secca, in cui sembra che non si muova niente».
E Marchioni, classe 1975, il significato della parola resilienza lo conosce bene, perché il suo bagaglio di vita si è riempito presto e già a 14 anni ha dato vigore, come tutti i giganti con origini del Sud, al verbo fare: «La gavetta per me è stata fondamentale – sottolinea tutto di un fiato – e ho fatto davvero qualsiasi lavoro possibile e immaginabile. Dall’aiuto cuoco al lavapiatti, ho persino gonfiato i palloncini per le feste. E questa la considero una scuola di vita perché quando sei obbligato dalla necessità ti arrangi e intanto il mondo lo studi. Guardi le persone. Le osservi. Capisci il male dove sta e che non esistono il bianco e il nero assoluto. Impari a fissare le persone negli occhi, come si muovono. Facendo per tanti anni il cameriere, e servendo clienti di tutti i tipi, ho potuto immagazzinare uno spettro molto ampio di vita vissuta. Che mi ha aiutato tanto nei ruoli che interpreto».

Lo scoramento e i primi successi

L’attore e regista ammette che c’è stato un momento in cui ha pensato di tornare al Sud per trovare una qualsiasi occupazione stabile: «Da dieci anni ormai facevo teatro ed ero sempre lì, sul trampolino di lancio. Gli spettacoli funzionavano ma il salto di qualità non avveniva. E nel frattempo i miei amici mettevano su famiglia dopo aver trovato il posto fisso. A uno di loro, Michele Lonetti, che è un fotografo, quando per me non “girava” ho anche fatto da assistente ai matrimoni. Così, assecondando la mia parte pratica che mi lega ai valori semplici della vita mi sono detto: “Mollo tutto e vado in Calabria”».
Ma Ronconi e il centro di Santa Caterina hanno rimescolato, in qualche modo, le carte di Marchioni assieme ai primi provini con Michele Placido e la serie tv “Romanzo criminale” firmata da Sollima. A seguire passi enormi e inarrestabili a teatro, al cinema (tra le tante brillanti interpretazioni, lo ricordiamo in “Amiche da morire”, “Tutta colpa di Freud”, “Quanto basta”, “Ma cosa ci dice il cervello”) e in televisione: per Vinicio è stata una scalata artistica entusiasmante che racchiude anche fondamentali momenti di pausa nei quali ritrova se stesso a Roma, nella bottega del suocero, che è maestro d'ascia ed ebanista eccelso: «Ci sono dei periodi – il tono si fa serio – in cui sento la necessità di immergermi nel silenzio. E avendo la fortuna di avere una vecchia bottega di falegnameria posso farlo. Mi spiace di non aver potuto imparare tanto, ma pian piano la “capa tosta” calabrese irrompe. E se non so, imparo. E comunque chi fa il mio mestiere è un po’ un artigiano, come coloro che impagliano le sedie. Tutti gli artigiani vorrebbero costruire lo scranno del re ma poi magari si ritrovano a lavorare alle sedie del popolo, dove però si vede la qualità. Che di sicuro stiamo perdendo di vista perché siamo accecati dalla popolarità, dai followers e dai social. Ma il successo non significa niente se non è accompagnato dalla qualità. E probabilmente anche io ritrovo lì la mia verità. Il discorso però è complesso, difficile da spiegare».

Il 2022 e il futuro

Il 2022 è stato anche l'anno della significativa partecipazione al film “Ghiaccio”, che ha sancito l'esordio alla regia di Fabrizio Moro, il cantante di origini vibonesi che ha portato sulla scena una periferia di Roma che resiste, ottenendo diversi riconoscimenti. Ma per Marchioni adesso vi è tanto in cantiere: «Per me sarebbe un sogno trasportare l’amore che nutro per la mia Calabria attraverso il mio mestiere. Ci penso davvero da trent'anni... Parlare di un mondo orgogliosamente arroccato. E lo farò prima di morire. La bella notizia di pochi giorni fa – conclude, riprendendo l'agenda – è la presentazione nella sezione Fuori Concorso al Festival del Cinema di Venezia di “Siccità” di Virzì, mentre in uscita c’è “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido e poi ancora la commedia “Vicini di casa” e “Buon viaggio ragazzi” di Riccardo Milani. In questo periodo, invece, sono sul set con Paolo Genovese per la serie “Leoni di Sicilia” dove interpreto il patriarca della famiglia Florio. Un calabrese».
E ai giovani, sulla scia della sua storia personale, consiglia di fare. Un verbo che Vinicio ha tatuato sulla pelle.

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