La Calabria è la terra delle meraviglie. Ricca di città sepolte, miti omerici e grandi siti archeologici. Patria di legislatori, architetti, poeti, condottieri e atleti dell’antichità. Terra di Papi dimenticati, di Santi ed eremiti, di greci e bizantini. Madre segreta dei Bronzi di Riace e del Toro cozzante di Sibari, come dei misteriosi “monumenti” di pietra di Nardodipace, Stilo, Campana e Davoli. Una regione capace di conquistare, con le mille tracce del suo passato, il cuore di archeologi di fama come Paolo Orsi e di glottologi d’infinita curiosità scientifica come Gerhard Rohlfs.
Le aree ed i parchi colmi di vestigia e testimonianze di antiche civiltà sono molteplici: Casignana con la sua domus romana; Monasterace con le tracce di Kaulon; Punta Alice di Cirò con il tempio dorico dedicato ad Apollo Aleo protettore della navigazione; Capo Colonna, a Crotone, con il tempio innalzato in onore di Hera Lacinia, dea protettrice dei pascoli; Francavilla Marittima con una necropoli con 200 sepolture; Sibari con intere parti di città riemerse da sottoterra; Locri con il Tempio di Persefone e le mille meraviglie restituite dal passato della gloriosa colonia magnogreca; Taureana di Palmi con il suo anfiteatro e gli insediamenti abitativi risalenti al 5000 avanti Cristo; Vibo con i resti della celebre Hipponion; Reggio con i ruderi in bella vista sul lungomare. Eppoi le grotte del Romito, poste in territorio di Papasidero, che custodiscono un sito risalente al Paleolitico Superiore; “la Città di pietra” di Zungri, costruita dai monaci basiliani scavando la roccia arenaria lungo una pietrosa collina che domina la fiumara “Malopera”. I frati, in fuga dall’Oriente, realizzarono nel ventre roccioso di una scoscesa parete di tenue colore marrone, celle dormitorio, aree di culto, magazzini per le derrate alimentari e cisterne per raccogliervi l’acqua piovana. In varie zone della Calabria compaiono inoltre enormi pietre e porzioni di monti che sembrano scolpiti in onore di ancestrali divinità. Per esempio a Roghudi, dove un blocco roccioso restituisce plasticamente, anche agli occhi dei meno esperti, la singolare figura d’una zampa di pollo che potrebbe simboleggiare il piede d’una divinità primitiva. Vincenzo Nadile, appassionato studioso, ne offre una suggestiva interpretazione ritenendola l’opera di sapienti mani scultoree.
«Il gallo» chiarisce il ricercatore «rappresentava la divinità ancestrale di popolazioni vissute su questo territorio tra la fine del sesto e l’ultima metà del secondo millennio avanti Cristo. Anche per i greci il gallo veniva associato ad Ade, la divinità infernale ed in effetti lo troviamo nei pinakes locresi in cui viene raffigurata Persefone. Rappresentare questa divinità significava nelle popolazioni precedenti chiederne la benevolenza. La Calabria è ricca di queste figure, ricavate sulle piccole e grandi rocce, che rappresentano spesso anche una figura con la cresta, che è simbolo di regalità». A San Giovanni in Fiore, in località “Melo”, compaiono invece una serie di strutture e raffigurazioni di animali morti, che esprimono lo stesso pensiero anche se in forma più evoluta perchè nel centro silano le influenze indoeruopee sono molto più forti rispetto alla cultura neolitica mediterranea. A San Giovanni è molto di più presente una figura come il “cubo” oppure le raffigurazioni dei neonati morti che possono essere osservate solo dall’alto e attraverso l’uso di droni. «Il pensiero di chi aveva realizzato queste altre sculture» sostiene Nadile «era legato al culto dei morti».
Da quando questi studi, compiuti privatamente vanno avanti, l’interesse della comunità scientifica sembra essere cresciuto. Alcune soprintendenze si muovono riconoscendo queste strutture come risalenti ad epoca neolitica; altre, al contrario, negano la sostenibilità di questa ipotesi di ricostruzione storica. Da più parti si sostiene, infatti, che sia impossibile accreditare la costruzione di opere del genere da parte di antichissime popolazioni ch’erano sprovviste di strumenti adeguati. Le grandi civiltà della pietra in Cambogia dimostrano, tuttavia, il contrario. Nella nazione asiatica esistono infatti “monumenti” simili a quelli individuati in Calabria. E Vincenzo Nadile lotta per affermare l’esistenza d’un remoto popolo dedito a scolpire pietre e montagne pure in Calabria.
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