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'Ndrangheta, il "potere" delle famiglie: tutte le storie dei predestinati delle ‘ndrine in Calabria

I figli dei “mammasantissima” della mafia nostrana hanno spesso seguito le orme dei padri come dimostrano decine d’inchieste. Luigi Muto è ritenuto il “capo” della consorteria cetrarese un tempo guidata dal “re del pesce”. L’ex latitante Luigi Abbruzese nella Sibaritide è finito in manette come il genitore “dentuzzo”

I predestinati. I processi celebrati e le inchieste antimafia istruite negli ultimi dieci anni consegnano una mappa del potere ‘ndranghetistico di tipo dinastico. Il potere viene infatti trasmesso di padre in figlio secondo logiche ascrivibili ad antiche consuetudini in voga nelle corti di principi e monarchi. I “rampolli” delle famiglie più in vista nascono e crescono con la prospettiva di assumere le redini della cosca di appartenenza al posto dei padri. Il loro destino sembrerebbe insomma segnato dalla nascita almeno per quelli che intendano accettarlo.

Cosentino

Nel Cosentino è stato così per Luigi Muto, figlio di Franco “re del pesce” di Cetraro, già condannato nello scorso decennio per mafia con sentenza definitiva e ora ricondannato a 15 anni e 4 mesi in primo e secondo grado nel maxiprocesso “Frontiera”. Luigi, secondo la Dda di Catanzaro, sarebbe il capo attuale del clan influente su Cetraro, Scalea, Praia, Santa Maria del Cedro e Diamante. Lungo la costa ionica è invece Luigi Abbruzzese, figlio di Franco, detto “dentuzzo”, ad aver seguito le orme del genitore, condannato all’ergastolo con sentenza definitiva e considerato capo carismatico della criminalità nomade sibarita. Luigi è stato arrestato nel Cassanese dalla Polizia, il 18 agosto del 2018, dopo un lungo periodo di latitanza ed è stato successivamente condannato, dalla Corte di appello di Catanzaro, a 20 anni per traffico di sostanze stupefacenti al termine del maxiprocesso “Gentleman” istruito dalla procura antimafia di Catanzaro.
Marco Perna, figlio del boss ergastolano Franco, personaggio storico e carismatico della ‘ndrangheta di Cosenza, è invece più volte finito nei guai e sta adesso scontando una condanna definitiva a 15 anni di reclusione per traffico di stupefacenti inflittagli a conclusione del processo “Apocalisse”.

Reggino

Pure nel Reggino, la lista dei “predestinati” è molto nutrita. Rocco Molè, arrestato lo scorso anno con 500 chili di cocaina e oggetto di una nuova misura cautelare poche settimane addietro perché ritenuto il nuovo “vertice” della cosca di Gioia Tauro, è il figlio di un personaggio potente e temuto della ‘ndrangheta: Girolamo Molè, detto “Mommo”, ergastolano da più di 20 anni. Il giovane è pure nipote ed omonimo di Rocco Molè, ucciso nel 2008 a due passi dal porto della cittadina tirrenica. E sono in carcere per scontare condanne per mafia anche altri ex “ragazzi” cresciuti a pane e ‘ndrine: Giuseppe De Stefano, figlio di Paolo De Stefano, “padrone” di Archi e “inventore” delle cosche moderne capaci di filtrare con politica, imprenditoria e logge deviate; Francesco Pesce, di Rosarno, figlio di quel Nino Pesce, detto “testuni”, condannato al carcere a vita negli scorsi decenni; Antonio Piromalli, giudicato pure lui per fatti di ‘ndrangheta, figlio di Pino Piromalli, inteso come “Facciazza”, di Gioia Tauro, ritenuto da ormai un trentennio dalla Dda di Reggio un personaggio influente e carismatico della ‘ndrangheta; Giuseppe Pelle, di San Luca, condannato per mafia e figlio del defunto Antonio Pelle detto “gambazza”, storico “capocrimine” calabrese.

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