Annullate con rinvio dalla Cassazione due ordinanze di custodia cautelare in carcere, una nei confronti di Giuseppe Antonio Accorinti, 60 anni, presunto boss di Zungri (difeso dall'avvocato Giuseppe Bagnato e dall'avvocato Francesco Sabatino) e l'altra a carico di Antonio Prenesti, 53 anni di Nicotera (avvocato Sabatino e avvocato Salvatore Staiano), entrambi coinvolti nell'operazione "Errore fatale" e accusati, a vario titolo e con ruoli diversi, di aver preso parte all’omicidio di Raffaele Fiamingo (detto Lele il vichingo) e a tentato omicidio del boss Francesco Mancuso, 62 anni di Limbadi (alias Tabacco) fatti di sangue verificatisi a Spilinga il 9 luglio del 2003.
Una vicenda in cui era rimasto implicato anche Domenico Polito, 55 anni di Paradisoni di Briatico ma residente a Tropea (avvocato Vincenzo Galeota) scarcerato dal Riesame, decisione nei confronti della quale la Procura distrettuale ha proposto ricorso dichiarato però inammissibile dalla Suprema Corte.
Tre decisioni che, di fatto, fanno traballare l'impalcatura accusatoria su un pesante agguato che, sedici anni fa, rischiò di scompaginare, più di quanto al tempo erano, gli assetti interni alla potente cosca dei Mancuso di Limbadi e di seminare il caos.
Relativamente alle posizioni di Accorinti e Prenesti (quest'ultimo uno dei principali indagati), entrambi lo scorso aprile raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip distrettuale di Catanzaro, il provvedimento restrittivo era stato confermato dal confermato dal Tribunale del riesame.
Da qui il ricorso per Cassazione avverso la decisione del Tdl proposto, per quanto riguarda Accoritinti, dall’avvocato Giuseppe Bagnato, alla cui redazione ha collaborato anche l’avvocato Francesco Sabatino, entrambi difensori del 60enne ritenuto il capobastone di Zungri.
Ricorso accolto dalla Suprema Corte che ha così annullato il provvedimento del Tdl disponendo un nuovo giudizio. Nel corso della discussione, svoltasi davanti alla Prima Sezione Penale, l'avvocato Bagnato ha puntato sui quattro motivi alla base del ricorso legati a problemi di inutilizzabilità delle intercettazioni, mancata convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, nonché problemi tecnici di motivazione relativi alla carenza contraddittorietà ed apparenza della stessa.
Analoga decisione è stata assunta dalla Cassazione in merito al ricorso proposto dall'avvocato Francesco Sabatino e dall'avvocato Salvatore Staiano difensori di Antonio Prenesti, la posizione del quale è tra le più complesse e delicate essendo ritenuto assieme a Domenico Polito l'esecutore materiale dell'agguato costato la vita a Lele il vichingo, braccio destro del boss Ciccio Mancuso che all'epoca rimase gravemente ferito.
Nel ricorso alla Suprema Corte l'avvocato Salvatore Staiano e l'avvocato Francesco Sabatino hanno evidenziato in particolare la genericità delle dichiarazioni dei collaboratori e la mancanza di convergenza rispetto ad una condotta specifica attribuibile al ricorrente.
Accorinti e Prenesti rimangono comunque detenuti in attesa della decisione del Riesame che avverrà dopo il deposito delle motivazioni della Suprema Corte. Allo stato rispetto a queste decisioni rimane detenuto il boss Cosmo Michele Mancuso, 70 anni (zio di Francesco Mancuso) ma le stesse potrebbero incidere anche sulla posizione di quest’ultimo.
Secondo l'accusa Cosmo Michele Mancuso (alias Cannuni) nel 2003 avrebbe dato il proprio placet all'agguato. Secondo gli inquirenti per dare una lezione al nipote "Tabacco" poco propenso a rispettare i patti con gli zii grandi o meglio con l'articolazione della cosca facente capo all'anziano boss.
Alla base dell'azione di fuoco e dell'imboscata a Spilinga la richiesta di una mazzetta al titolare di un panificio, parente di Prenesti, da parte di Tabacco e del suo braccio destro.
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