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Le mani del clan Fontana sulla società del Comune di Reggio, in appello 9 condanne e 6 assolti - Nomi e foto

Sei condanne confermate, tre pene rideterminate (e ritoccate in ribasso), sei assoluzioni (con una posizione processuale azzerata anche perchè i reati ipotizzati sono andati estinti per intervenuta prescrizione).

L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia “Leonia” - dal nome dell’ex società mista del Comune di Reggio che si occupava del servizio di raccolta dei rifiuti e sciolta proprio in conseguenza dell’accertamento infiltrazioni mafiose - ha superato anche il il giudizio di secondo grado. Le sei condanne confermate dalla Corte d’Appello riguardano infatti le persone gravate dalle più delicate imputazioni, tra cui il gruppo dei Fontana, che nelle conclusioni degli inquirenti sono i vertici dell’omonima famiglia mafiosa di Archi che si sarebbe infiltrata nell’allora società mista di Palazzo San Giorgio riuscendo a fare affari d'oro grazie al business della manutenzione dei mezzi dell'immondizia.

Queste nel dettaglio le decisioni della Corte d'Appello: confermate le condanne inflitte dal Tribunale nei confronti di Giovanni Fontana (23 anni e 6 mesi); Antonino Fontana (16 anni e 6 mesi); Giuseppe Carmelo Fontana (12 anni e 6 mesi); Francesco Fontana (12 anni e sei mesi); e le pozioni secondarie di Giuseppina Suraci (3 anni e 8 mesi); ed Eufemia Maria Sinicropi (2 anni e 8 mesi); rideterminate la pena nei confronti dell'ex direttore operativo della società “Leonia”, Bruno De Caria, condannato a 10 anni e 10 mesi (rispetto ai 15 anni e 6 mesi) nei cui confronti i Giudici hanno dichiarato «la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare disponendo l'immediata liberazione se non detenuto per altra causa»; Giandomenico Fontana, 11 anni e 6 mesi (rispetto agli 11 anni e 10 mesi); Giuseppe Scaturchio, 1 anno e 4 mesi (2 anni). La Corte d'Appello ha invece assolto, azzerando le condanne, spesso lievi, riportate in primo grado per Giuseppe Palizzotto; Andrea Antonio Galimi; Paolo Laganà; Loredana Falcomatà; Salvatore Emanuele Galimi e Giorgio Stiriti (assolto per due capi di imputazione e “prescritto” da altre due contestazioni). Fuori dal processo già con il verdetto di primo grado quattro persone inizialmente indagate e rinviate a giudizio.

Nell'inchiesta “Leonia” la Procura distrettuale antimafia (l'indagine fu coordinata dall'attuale procuratore aggiunto Dda, Giuseppe Lombardo, e dall'allora sostituto Rosario Ferracane) era riuscita a mettere in evidenza come le mani della ’ndrangheta di Archi si fossero avidamente poggiate sulla “Leonia”.

Nel mirino soprattutto i vertici della famiglia Fontana, una delle anime mafiose del mandamento “centro” con roccaforte nel quartiere Archi, ma anche il manager allora direttore operativo della società mista che gestiva la raccolta dell’immondizia nel capoluogo reggino che avrebbe fatto da collante tra interessi e mire mafiose e il reparto produttivo.

Un contributo notevole all'indagine (adesso attesa dall'ultimo, definitivo, grado di giudizio) è stato fornito agli inquirenti dai collaboratori di giustizia «intranei» all’affaire-Leonia, la manutenzione dei mezzi della raccolta dei rifiuti che secondo l’impostazione accusatoria sarebbe stato gestito, con ingenti ricavi, dalle cosche.

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