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"Una femmina" di 'ndrangheta, nelle sale la scure della censura sul film di Costabile

“Una femmina” di Francesco Costabile, in corsa per l’ambito premio nella sezione Panorama del festival di Berlino, è stato censurato al suo esordio nelle sale cinematografiche.

La Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura ha deciso di vietare ai minori di 14 anni, la visione del film. Alle nuove generazioni viene di fatto impedito di conoscere un fenomeno raccapricciante come la ’ndrangheta, il suo strapotere e la sua capacità di insinuarsi nel tessuto sociale, con la complicità, spesso, di insospettabili infedeli.

Il film viene considerato scandaloso per le nuove generazioni, come si faceva nell'epoca del proibizionismo sulle prime foto di nudo. Di nudo, invece, c'è solo il coraggio, la determinazione, la testardaggine di donne che hanno detto e dicono no alla strafottenza di padrini e uomini fintamente potenti che, con l'esibizione dell'onore, cercano di nascondere tutta la loro vigliaccheria.

Il film è proprio una testimonianza di coraggio e di etica rivolta soprattutto ai giovani, agli adolescenti che vivono in contesti ad alto rischio che devono emanciparsi dal pesante marchio di essere figli della ’ndrangheta. E con questa censura c’è un’alta probabilità che quel coraggio e quell’etica siano bandite in realtà dove ce n’è più bisogno.

«Con rammarico e dispiacere apprendo che la commissione per la classificazione delle opere cinematografiche ha ritenuto che il nostro film non fosse idoneo ai minori di 14 anni – dichiara il regista Franceso Costabile – l’abolizione della censura nel nostro Paese dovrebbe restituire alle famiglie il diritto costituzionale di poter scegliere quali contenuti e come accompagnare i propri figli alla visione di determinati film.

Soprattutto se si tratta, come nel caso di “Una Femmina”, di un film che denuncia la mafia e la violenza sulle donne. È immorale limitare la circolazione di determinati messaggi. L’arte deve liberarsi definitivamente da limitazioni di questo tipo, è un atto dovuto per la crescita morale del nostro Paese e dei nostri cittadini».
Questa censura appare come un monito, tanto più grave perché arriva dal ministero della Cultura: “basta parlare di mafia”. È vero, la mafia va censurata. Senza se e senza ma, non gli atti di coraggio e ribellione.

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