Le immagini del sindaco, degli assessori dei funzionari, dei dirigenti del comune di Scalea in manette insieme ai presunti esponenti delle criminalità organizzata locale hanno reso plasticamente quello che per il sostituto procuratore della DDA di Catanzaro, Vincenzo Luberto, titolare della poderosa inchiesta scaturita nell’operazione Plinius, è il controllo assoluto della ndrangheta sull’attività amministrativa. Un patto scellerato che, come dimostrano le tante intercettazioni, soprattutto quelle effettuate nello studio dell’avvocato Nocito, ritenuto l’intermediario tra gli amministratori e le due ndrine, i Valente e gli Stummo, e che hanno supportato le indagini, avrebbe di fatto consegnato la città nelle mani di un gruppo d’affari spregiudicato in grado di controllare, secondo gli inquirenti, dalla semplice autorizzazione al grande appalto. Le due ndrine, dipendenti dal locale di Cetraro capeggiato da Franco Muto, da tempo si spartiscono il territorio di Scalea. Avevano già messo le mani sui lavori del porto, tra gli indagati figura anche l’ex sindaco Russo. Alle elezioni comunali del 2010 avrebbero trovato una convergenza sostenendo insieme il sindaco Basile e altri consiglieri. In cambio avrebbero gestito quasi direttamente gli appalti pubblici, le concessioni, le autorizzazioni, ersino gli sconti sui canoni concessori dei lidi. Potere estrinsecato non solo imponendo tangenti pesantissime alle ditte partecipanti esterne come ad esempio la richiesta di 50 mila euro alla ditta che si era aggiudicata l’appalto per la raccolta dei rifiuti o minacciando coloro che pretendevano di far valere i propri diritti nelle concessioni demaniali, ma predisponendo le gare in maniera da accaparrarsi direttamente o indirettamente mediante prestanomi, appalti e concessioni: dal parcheggio a pagamento alla realizzazione di un impianto di compostaggio, dalla concessione dei terreni demaniali per attività turistiche a quelle per la gestione della pubblicità, addirittura in questo caso gli esponenti delle ndrine insieme al sindaco e all'assessore al commercio avevano pensato di costituire una apposita ditta per accaparrarsi l'appalto, nel frattempo le consorterie utilizzavano gli spazi pubblicitari a loro piacimento. Un intreccio perverso, tra mafia, politica, affari, asfissiante, pervasivo, che non lasciava spazio e che ha funzionato fino a poco tempo fa quando gli attriti tra le due ndrine sono ricomparsi. Sullo sfondo si stava preparando una possibile guerra di mafia. Episodi sintomatici come uno schiaffeggiamento in piazza tra esponenti delle due ndrine, forse per dimostrare al boss di riferimento, Franco Muto, chi avesse più peso a Scalea. Da qui la decisione di accelerare i tempi e far scattare gli arresti.