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Gattuso: "Mia famiglia calabrese sparsa nel mondo per lavoro, come potrei essere razzista"

"Desidero solo fare il lavoro che mi piace, con tranquillità. Ed essere giudicato solo per quello. Per ciò che sono, davvero". Rino Gattuso si sfoga sulle pagine del "Corriere della Sera" dopo le polemiche che stanno accompagnando il suo possibile ingaggio da allenatore del Valencia. Polemiche che già nei mesi scorsi gli sono costate la panchina del Tottenham e relative ad alcune frasi pronunciate in passato. "Sono molto diverso da come vengo descritto da dodici mesi a questa parte - le parole dell’ex allenatore di Milan e Napoli - Si prendono dichiarazioni di anni diversi, le si isola dal contesto e si imbastiscono processi con l’obiettivo di delegittimare una persona, una vita. I tribunali sono cose serie: qualcuno accusa, qualcuno difende, qualcuno giudica. Qui il patibolo tecnologico si abbatte e definisce sentenze senza possibilità di appello. Io non sono un tipo da social. Se mi chiamano Ringhio, ci sarà un motivo. Non vado a caccia di facili consensi, non faccio il simpatico a comando. Sono uno che lavora, che ha sempre lavorato, che ha faticato tanto e che è grato alla vita per quello che gli ha dato. Quando sento dire che sono razzista mi sembra di impazzire. Nessuna persona, mai, può essere giudicata per il colore della pelle. Conosco tanti con la pelle bianca che non si comportano bene".

"Il razzismo va combattuto, sempre - insiste Gattuso - Ho allenato decine di giocatori che avevano la pelle diversa dalla mia, nel mio ristorante ne lavorano tre, ho avuto compagni di squadra ai quali ho voluto bene. Per me non conta il colore della pelle, conta la persona. La sua onestà, la sua lealtà. Mio padre è andato a lavorare in Germania per un anno e mezzo. Un quarto della mia famiglia è sparso nel mondo, tutti sono andati a cercare quella fortuna che la Calabria non gli aveva concesso. Come diavolo potrei essere razzista?". Gattuso fa chiarezza anche sulle altre uscite che gli sono state contestate, dal matrimonio fra persone dello stesso sesso ("Ogni libertà, compresa quella dei comportamenti sessuali, è benvenuta, è segno di progresso") alle capacità delle donne: "In ogni campo fanno come e meglio degli uomini. Lo stanno dimostrando nei governi, nelle aziende, in ogni settore. Più donne avranno responsabilità e meglio sarà". Il tecnico calabrese, infine, rivela che quando lasciò il Milan rinunciò a 5,5 milioni netti per consentire il pagamento del suo staff. "Io sono molto riconoscente al Milan. Se io sono quello che sono, lo devo a quella società, a quei colori che ho sempre amato. Non volevo essere un peso e volevo andare via in punta di piedi. Una parte è andata a pagare lo staff che altrimenti, con la mia uscita, sarebbe rimasto a piedi e non era giusto".

 

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