Calabria

Venerdì 27 Giugno 2025

Nel ricordo di Papa Francesco in Calabria

 
 
 
 

Dopo le visite in Calabria di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI tra le comunità cristiane di Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Serra San Bruno e Paola, la venuta di Papa Francesco a Cassano all’Jonio, sabato 21 giugno 2014, proprio all’inizio del suo Pontificato, ha rappresentato per tutta la regione un grande evento di grazia. Non possiamo no ricordarla per il prezioso messaggio che lasciò ai calabresi. Una storica diocesi con il suo rinomato Monte Pollino e la Piana di Sibari, mai visitata da un Papa, che assieme alle altre diocesi si è riproposta come una Chiesa pellegrina nella storia di ieri e di oggi desiderosa di farsi discepola della Parola di Dio. Il Pontefice, partito alle 7.30 dall’eliporto del Vaticano, ha raggiunto alle 9.30 il piazzale antistante la Casa Circondariale “Rosetta Sisca” di Castrovillari, per vivere insieme al Vescovo di Cassano all’Jonio, Mons. Nunzio Galantino, ed ai vari accompagnatori, le opere di misericordia nel visitare e consolare gli ospiti presenti. Da ricordare il momento storico e tragico che la diocesi aveva vissuto per l’agguato mafioso al piccolo Cocò Campolongo di tre anni, bruciato e ucciso a Cassano allo Jonio. Il Santo Padre era già intervenuto su questa vicenda durante l’Angelus del 26 gennaio 2014: «Questo accanimento su un bambino così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità. Preghiamo con Cocò, che di sicuro è con Gesù in cielo, per le persone che hanno fatto questo reato, perché si pentano e si convertano al Signore». E il Pontefice torna proprio nella terra di Cocò, una delle diocesi più piccole della Calabria, per incontrare ed abbracciare il papà detenuto del piccolo con le nonne, riaffermando con forza: «Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze». Nel carcere, dopo aver salutato i vertici ed il personale, Papa Francesco ha salutato una per una le donne, in pianto per le loro storie e per l’emozione del momento. Ai carcerati il Papa ha richiamato il «rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e l'esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena”, ricordando con speranza a braccio che "Dio mai condanna, mai perdona soltanto, ma perdona e accompagna, noi siamo fragili e dobbiamo tornare alla confessione, tutti, ma sempre non si stanca, dà la mano a tutti».   Questo il discorso integrale dettato dal Santo Padre nel carcere di Castrovillari. «Cari sorelle e fratelli, il primo gesto della mia visita pastorale è l’incontro con voi, in questa Casa circondariale di Castrovillari. In questo modo vorrei esprimere la vicinanza del Papa e della Chiesa ad ogni uomo e ogni donna che si trova in carcere, in ogni parte del mondo. Gesù ha detto: «Ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,36).  Nelle riflessioni che riguardano i detenuti, si sottolinea spesso il tema del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e l’esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena. Questo aspetto della politica penitenziaria è certamente essenziale e l’attenzione in proposito deve rimanere sempre alta. Ma tale prospettiva non è ancora sufficiente, se non è accompagnata e completata da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società. Quando questa finalità viene trascurata, l’esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l’individuo e per la società. E Dio non fa questo, con noi. Dio, quando ci perdona, ci accompagna e ci aiuta nella strada. Sempre. Anche nelle cose piccole. Quando noi andiamo a confessarci, il Signore ci dice: “Io ti perdono. Ma adesso vieni con me”. E Lui ci aiuta a riprendere la strada. Mai condanna. Mai perdona soltanto, ma perdona e accompagna. Poi siamo fragili e dobbiamo ritornare alla confessione, tutti. Ma Lui non si stanca. Sempre ci riprende per mano. Questo è l’amore di Dio, e noi dobbiamo imitarlo! La società deve imitarlo. Fare questa strada. D’altra parte, un vero e pieno reinserimento della persona non avviene come termine di un percorso solamente umano. In questo cammino entra anche l’incontro con Dio, la capacità di lasciarci guardare da Dio che ci ama. E’ più difficile lasciarsi guardare da Dio che guardare Dio. E’ più difficile lasciarsi incontrare da Dio che incontrare Dio, perché in noi c’è sempre una resistenza. E Lui ti aspetta, Lui ci guarda, Lui ci cerca sempre. Questo Dio che ci ama, che è capace di comprenderci, capace di perdonare i nostri errori. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare. Auguro a ciascuno di voi che questo tempo non vada perduto, ma possa essere un tempo prezioso, durante il quale chiedere e ottenere da Dio questa grazia. Così facendo contribuirete a rendere migliori prima di tutto voi stessi, ma nello stesso tempo anche la comunità, perché, nel bene e nel male, le nostre azioni influiscono sugli altri e su tutta la famiglia umana. Un pensiero affettuoso voglio rivolgerlo in questo momento ai vostri familiari; che il Signore vi conceda di riabbracciarli in serenità e in pace. E infine un incoraggiamento a tutti coloro che operano in questa Casa: ai Dirigenti, agli agenti di Polizia carceraria, a tutto il personale. Di cuore vi benedico tutti e vi affido alla protezione della Madonna, nostra Madre. E per favore, vi chiedo di pregare per me, perché anche io ho i miei sbagli e devo fare penitenza. Grazie».   Poi, alle 10.30 circa, il trasferimento in elicottero Cassano all’Jonio, atterrando nel campo sportivo “Pietro Toscano”. Tra le strade della città in festa, il Papa ha visitato gli ammalati dell’Hospice “San Giuseppe Moscati”, accolto da tutti gli ospiti e dal personale. Stessa visita, nel pomeriggio, anche agli anziani ospitati nella “Casa Serena” di Cassano all’Jonio. Significativo a mezzogiorno l’incontro dedicato al clero diocesano nella Cattedrale di Cassano all’Jonio. Un incontro di grande fraternità, in un clima familiare, alla presenza anche di diversi Vescovi della regione. Il Papa ha ripreso due concetti: la gioia di essere preti e la bellezza della fraternità, incoraggiando il clero verso una pastorale “con le famiglie e per la famiglia”, perché i ministri del Signore “devono essere testimoni e mediatori”. Per un buon cammino ecclesiale, per il Pontefice il clero deve vivere nello spirito della preghiera, della contemplazione, e del silenzio per gustare e ascoltare la presenza del Signore e per poter riprendere forza ed energie. “Davanti al tabernacolo - ha detto Francesco - si impara ad amare, a servire e anche a stare sulla croce della missione sacerdotale”. L’esortazione a tutti di vivere in comunione fraterna, nella consapevolezza che la solitudine e l’individualismo è smarrimento, mentre la comunione, segnata da doni e carismi, richiama sempre tutti a sorreggere nella corresponsabilità il più debole. Queste le parole del Papa rivolte al clero. «Cari Sacerdoti, vi ringrazio per la vostra accoglienza! Ho molto desiderato questo incontro con voi che portate il peso quotidiano del lavoro parrocchiale.  Vorrei prima di tutto condividere con voi la gioia di essere preti. La sorpresa sempre nuova di essere stato chiamato, anzi, di essere chiamato dal Signore Gesù. Chiamato a seguirlo, a stare con Lui, per andare agli altri portando Lui, la sua parola, il suo perdono… Non c’è niente di più bello per un uomo di questo, non è vero? Quando noi preti stiamo davanti al tabernacolo, e ci fermiamo un momento lì, in silenzio, allora sentiamo lo sguardo di Gesù nuovamente su di noi, e questo sguardo ci rinnova, ci rianima… Certo, a volte non è facile rimanere davanti al Signore; non è facile perché siamo presi da tante cose, da tante persone…; ma a volte non è facile perché sentiamo un certo disagio, lo sguardo di Gesù ci inquieta un po’, ci mette anche in crisi… Ma questo ci fa bene! Nel silenzio della preghiera Gesù ci fa vedere se stiamo lavorando come buoni operai, oppure forse siamo diventati un po’ degli “impiegati”; se siamo dei “canali” aperti, generosi attraverso cui scorre abbondante il suo amore, la sua grazia, o se invece mettiamo al centro noi stessi, e così al posto di essere “canali” diventiamo “schermi” che non aiutano l’incontro con il Signore, con la luce e la forza del Vangelo. E la seconda cosa che desidero condividere con voi è la bellezza della fraternità: dell’essere preti insieme, del seguire il Signore non da soli, non uno a uno, ma insieme, pur nella grande varietà dei doni e delle personalità; anzi, proprio questo arricchisce il presbiterio, questa varietà di provenienze, di età, di talenti… E tutto vissuto nella comunione, nella fraternità. Anche questo non è facile, non è immediato e scontato. Prima di tutto perché anche noi preti siamo immersi nella cultura soggettivistica di oggi, questa cultura che esalta l’io fino a idolatrarlo. E poi a causa di un certo individualismo pastorale che purtroppo è diffuso nelle nostre diocesi. Perciò dobbiamo reagire a questo con la scelta della fraternità. Intenzionalmente parlo di “scelta”. Non può essere solo una cosa lasciata al caso, alle circostanze favorevoli… No, è una scelta, che corrisponde alla realtà che ci costituisce, al dono che abbiamo ricevuto ma che va sempre accolto e coltivato: la comunione in Cristo nel presbiterio, intorno al Vescovo. Questa comunione chiede di essere vissuta cercando forme concrete adeguate ai tempi e alla realtà del territorio, ma sempre in prospettiva apostolica, con stile missionario, con fraternità e semplicità di vita. Quando Gesù dice: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35), lo dice certo per tutti, ma prima di tutto per i Dodici, per quelli che ha chiamato a seguirlo più da vicino. La gioia di essere preti e la bellezza della fraternità. Queste sono le due cose che sentivo più importanti pensando a voi. Un’ultima cosa la accenno solamente: vi incoraggio nel vostro lavoro con le famiglie e per la famiglia. E’ un lavoro che il Signore ci chiede di fare in modo particolare in questo tempo, che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione, sia per le famiglie, a causa della crisi. Ma proprio quando il tempo è difficile, Dio fa sentire la sua vicinanza, la sua grazia, la forza profetica della sua Parola. E noi siamo chiamati ad essere testimoni, mediatori di questa vicinanza alle famiglie e di questa forza profetica per la famiglia. Cari fratelli, vi ringrazio. E andiamo avanti, animati dal comune amore per il Signore e per la santa madre Chiesa. La Madonna vi protegga e vi accompagni. Rimaniamo uniti nella preghiera. Grazie!»   A seguire il momento conviviale del pranzo nel Seminario “Giovanni Paolo I” con i poveri ospitati dalla Caritas Diocesana e con i giovani ospiti della Comunità residenziale terapeutico riabilitativa Saman “Mauro Rostagno” (il sociologo e giornalista ucciso a Trapani in un agguato di mafia il 26 settembre 1988). Il Pontefice è stato accolto davanti al Seminario da un bagno di folla e da più striscioni significativi inneggianti: "Papa Francesco sei la nostra speranza, ti vogliamo bene"… "Papa Francesco sei un esempio per tutti noi". “Forte è colui che una volta ricaduto riesce a rialzarsi”: queste le parole che il Pontefice ha rivolto ai cinquanta ospiti. Un altro segno di misericordia che il Pontefice ha voluto lasciare alla diocesi di Cassano all’Jonio, che poi ha ripetuto tantissime volte in altre visite pastorale nelle diocesi. Ancora un’altra tappa pomeridiana del Pontefice, nella luce delle opere di misericordia nel visitare gli ammalati, che emerge nel vivo di questa narrazione «Le trema la voce e ha gli occhi pieni di lacrime per l’emozione Filomena, educatrice e responsabile dei servizi sociali dell’Istituto “Casa Serena Santa Maria di Loreto”. Insieme ai suoi colleghi anche lei ha condiviso la gioia di vedere il Pontefice varcare il cancello della struttura e portare, con una passeggiata nel giardino, la sua Santa Benedizione agli ospiti di “Casa Serena”, l’ex convento dei Cappuccini. Ad accoglierlo il presidente, Marisabel Gaetani e il consiglio d’amministrazione. “Noi operatori sanitari, insieme ai familiari di alcuni anziani ospiti della struttura, abbiamo fatto da cornice a questo momento: eravamo dietro le transenne. I veri protagonisti sono stati gli anziani!”, ha detto Filomena. Nel cortile della struttura ognuno di loro ha atteso trepidante il Santo Padre che li ha calorosamente salutati con un dolce sorriso e accarezzati, uno per uno. A loro poi Papa Francesco ha chiesto di “pregare per lui”. “Ancora sono incredula!, continua Filomena. La sua presenza nella nostra struttura resterà per sempre impressa nel mio cuore!”. “Abbiamo tanto atteso la benedizione del Papa in questi mesi di preparazione motivati dal “vengo a chiedere scusa” a quanti è stato negato lo sguardo, a quanti non hanno ricevuto quello che si aspettavano, a tutti quelli che si sono sentiti soli e senza voce, a quanti avrebbero dovuto ricevere di più, ha detto Filomena”. “Oggi possiamo ripartire, con una gioia e speranza nuova, continua Filomena, che ci deve spingere a fare sempre di più e sempre meglio, stando al fianco di chi soffre e di chi col suo sguardo, implora una carezza”. Ad accompagnare il Pontefice, anche in questa tappa, mons. Nunzio Galantino a lui anche il sentito grazie di ogni componente dell’edificio “Casa Serena” per aver fatto loro vivere una giornata di gioia, letizia, e preghiera». Tanta attesa, poi, per l’evento pomeridiano nella Piana Sibari con la solenne concelebrazione eucaristica nella solennità del Corpus Domini. Innumerevoli i pellegrini, oltre 250 mila, che dalle diocesi di Calabria, assieme ai proprio Vescovi, hanno raggiunto il territorio dell’antica Sibari, una delle più popolose della Magra Graecia, per salutare ed accogliere il Santo Padre, principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione, colui a cui il Signore ha affidato la missione di confermare nella fede i suoi fratelli e sorelle. Tra i segni dell’amore del popolo calabrese verso il Pontefice c’è stata la sensibilità del clero di Calabria che, accogliendo la richiesta della Commissione presbiterale regionale, hanno consegnato per le mani dell’allora presidente della Conferenza Episcopale Calabria, Mons. Salvatore Nunnari, la somma di 40.000 euro da destinare alle opere di carità del Santo Padre. Dinanzi al momento storico, particolarmente gravido di angoscia e di preoccupazioni anche per il lavoro, Papa Francesco trovato un popolo ospitale ed ecumenico, desideroso di essere forza decisiva di promozione umana e sociale. Un popolo che ha accolto l’invito del Pontefice a crescere nella comprensione, nella accoglienza e nell’obbedienza al Signore, sconfiggendo le piaghe della delinquenza e del degrado morale e sociale presente in regione. Nel saluto al Papa, il Vescovo Mons. Nunzio Galantino, da pochi mesi anche segretario generale della Cei, ha ricordato come «la Chiesa calabrese si sente impegnata nel risvegliare le coscienze contro la malavita organizzata…Sente la fatica che uomini e donne fanno, e ad acuire la fatica ci si mette la malavita organizzata, che rallenta i processi di crescita, non solo economica, che non si nutre solo di soldi e di malaffare si nutre anche di coscienze addormentate e perciò conniventi». Dopo il memorabile “grido” di Giovanni Paolo II in Sicilia dalla Valle dei Templi contro la mafia e la criminalità, dopo 21 anni Papa Bergoglio dalla spianata dell'area ex Insud di Sibari, un tempo una della città più grandi della Magna Graecia, ha lanciato un’ulteriore storica condanna alla ‘ndrangheta e alle sue declinazioni territoriali. Mai una condanna così forte da parte successore dell’Apostoli Pietro su ciò che è «adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male - ha detto Francesco - va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. Coloro che nella loro vita hanno questa strada di male, i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati. La Chiesa - ha aggiunto il papa - che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare». Il testo integrale dell’omelia del Santo Padre. «Nella festa del Corpus Domini celebriamo Gesù «pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51), cibo per la nostra fame di vita eterna, forza per il nostro cammino. Ringrazio il Signore che oggi mi dona di celebrare il Corpus Domini con voi, fratelli e sorelle di questa Chiesa che è in Cassano allo Jonio. Quella di oggi è la festa in cui la Chiesa loda il Signore per il dono dell’Eucaristia. Mentre il Giovedì Santo facciamo memoria della sua istituzione nell’Ultima Cena, oggi predomina il rendimento di grazie e l’adorazione. E infatti è tradizionale in questo giorno la processione con il Santissimo Sacramento. Adorare Gesù Eucaristia e camminare con Lui. Questi sono i due aspetti inseparabili della festa odierna, due aspetti che danno l’impronta a tutta la vita del popolo cristiano: un popolo che adora Dio e un popolo che cammina: che non sta fermo, cammina! Prima di tutto noi siamo un popolo che adora Dio. Noi adoriamo Dio che è amore, che in Gesù Cristo ha dato se stesso per noi, si è offerto sulla croce per espiare i nostri peccati e per la potenza di questo amore è risorto dalla morte e vive nella sua Chiesa. Noi non abbiamo altro Dio all’infuori di questo! Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!  Oggi lo confessiamo con lo sguardo rivolto al Corpus Domini, al Sacramento dell’altare. E per questa fede, noi rinunciamo a satana e a tutte le sue seduzioni; rinunciamo agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio, del potere, della violenza. Noi cristiani non vogliamo adorare niente e nessuno in questo mondo se non Gesù Cristo, che è presente nella santa Eucaristia. Forse non sempre ci rendiamo conto fino in fondo di ciò che significa questo, di quali conseguenze ha, o dovrebbe avere questa nostra professione di fede. Questa nostra fede nella presenza reale di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, nel pane e nel vino consacrati, è autentica se noi ci impegniamo a camminare dietro a Lui e con Lui. Adorare e camminare: un popolo che adora è un popolo che cammina! Camminare con Lui e dietro a Lui, cercando di mettere in pratica il suo comandamento, quello che ha dato ai discepoli proprio nell’Ultima Cena: «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Il popolo che adora Dio nell’Eucaristia è il popolo che cammina nella carità. Adorare Dio nell’Eucaristia, camminare con Dio nella carità fraterna.   Oggi, come Vescovo di Roma, sono qui per confermarvi non solo nella fede ma anche nella carità, per accompagnarvi e incoraggiarvi nel vostro cammino con Gesù Carità. Voglio esprimere il mio sostegno al Vescovo, ai presbiteri e ai diaconi di questa Chiesa, e anche dell’Eparchia di Lungro, ricca della sua tradizione greco-bizantina. Ma lo estendo a tutti, a tutti i Pastori e fedeli della Chiesa in Calabria, impegnata coraggiosamente nell’evangelizzazione e nel favorire stili di vita e iniziative che pongano al centro le necessità dei poveri e degli ultimi. E lo estendo anche alle Autorità civili che cercano di vivere l’impegno politico e amministrativo per quello che è, un servizio al bene comune. Incoraggio tutti voi a testimoniare la solidarietà concreta con i fratelli, specialmente quelli che hanno più bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza. La tenerezza di Gesù, la tenerezza eucaristica: quell’amore tanto delicato, tanto fraterno, tanto puro. Grazie a Dio ci sono tanti segni di speranza nelle vostre famiglie, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti ecclesiali. Il Signore Gesù non cessa di suscitare gesti di carità nel suo popolo in cammino! Un segno concreto di speranza è il Progetto Policoro, per i giovani che vogliono mettersi in gioco e creare possibilità lavorative per sé e per gli altri. Voi, cari giovani, non lasciatevi rubare la speranza! L’ho detto tante volte e lo ripeto una volta in più: non lasciatevi rubare la speranza! Adorando Gesù nei vostri cuori e rimanendo uniti a Lui saprete opporvi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello. Cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia ci ha raccolti insieme. Il Corpo del Signore fa di noi una cosa sola, una sola famiglia, il Popolo di Dio riunito attorno a Gesù, Pane di vita. Quello che ho detto ai giovani lo dico a tutti: se adorerete Cristo e camminerete dietro a Lui e con Lui, la vostra Chiesa diocesana e le vostre parrocchie cresceranno nella fede e nella carità, nella gioia di evangelizzare. Sarete una Chiesa nella quale padri, madri, sacerdoti, religiosi, catechisti, bambini, anziani, giovani camminano l’uno accanto all’altro, si sostengono, si aiutano, si amano come fratelli, specialmente nei momenti di difficoltà. Maria, nostra Madre, Donna eucaristica, che voi venerate in tanti Santuari, specialmente in quello di Castrovillari, vi precede in questo pellegrinaggio della fede. Lei vi aiuti, vi aiuti sempre a restare uniti affinché, anche per mezzo della vostra testimonianza, il Signore possa continuare a dare la vita al mondo. Così sia».   Se è passato in questa visita il grido di Papa Francesco con la “scomunica” alla ‘ndrangheta e alla mafia, non possiamo dimenticare il suo messaggio da “buon Samaritano” verso i carcerati, gli ammalati, i segnati da sofferenze e delusioni.  Non per ultimo il gesto del Papa sulla superstrada nel far frenare la papamobile per baciare un’ammalata. Scrisse dopo qualche giorno Don Enzo Gabrieli che «è questo quello che deve fare la Chiesa in Calabria: farsi Samaritano, frenare anche l’auto in corsa perché ci si accorge del crocifisso e dell’uomo bastonato. Dovremmo rifare la via crucis nei tanti tuguri, materiali e soprattutto spirituali della nostra gente, come diceva don Mottola perché la via di Dio, quella che Lui ha percorso in Gesù è proprio la "via della Croce" che è via dell’Amore». Gioia, commozione, entusiasmo ed impegno cristiano da concretizzare nella speranza. Questa potrebbe essere la sintesi di una visita apostolica di una giornata che Papa Francesco ha dedicato a questa terra del sud, che ha lasciato intorno alle ore 18 dall’eliporto di Marina di Sibari per tornare in serata in Vaticano, dove è atterrato dopo un’ora e mezza di volo.   Guardano con speranza dal futuro dopo la venuta di Papa Francesco A tracciare un bilancio della visita del Santo Padre, il Vescovo di Cassano Allo Ionio, Mons. Nunzio Galantino, ribadendo che la lotta alle mafie “la si vince con un nuovo stile di vita”. «La nostra terra - ha detto il Presule - è stata toccata dalla grazia. Ma per essere conseguenti, e far in modo che le parole del Santo Padre non restino solo un’eco di cronaca o il ricordo di una giornata bella per quanto faticosa, occorre interiorizzarle e farne il cardine di un nuovo stile di vita. E’ stata una giornata meravigliosa. Le stime della vigilia sul numero dei pellegrini sono state polverizzate da un afflusso di fedeli pari al doppio di quanto previsto. Ciò ha messo a dura prova la macchina organizzativa che, se pur tra qualche inconveniente, ha comunque retto, consentendo di contenere i disagi e di vivere nel migliore dei modi possibile un così partecipato evento di fede e di preghiera, incorniciato nella splendida accoglienza riservata dal popolo di Cassano al Pontefice ed alle decine di migliaia di persone giunte da ogni dove . Alle parole del Santo Padre ed al suo invito “ad adorare Dio che è amore e che in Gesù Cristo ha dato se stesso” - ha sottolineato Mons. Galantino  - deve seguire l’impegno teso a creare le condizioni reali perchè ai nostri giovani non sia più rubata la speranza. Con la sua visita dedicata agli ultimi, agli emarginati, ai sofferenti e con l’esortazione rivolta alla Chiesa perchè frequenti sempre di più i crocicchi delle strade e si apra ai deboli ed agli esclusi, Papa Francesco ha tolto ogni alibi a noi, talvolta cristiani part time, ed ai professionisti del bene comune: si possono cambiare le cose solo se prima si cambia se stessi. Perchè tutto questo possa avverarsi – prosegue Mons. Galantino -  è indispensabile che l’esperienza religiosa non sia un dopolavoro, ma appartenga alla vita ed alla progettualità di ognuno di noi. Deve essere una parte di noi. Papa Francesco con coraggio ha indicato l’orizzonte al quale tendere: adesso lo stesso coraggio e lo stesso sacrificio sono richiesti ai sacerdoti, ai laici ed a quanti, specie in ambito istituzionale e politico, detengono le chiavi del futuro del Meridione. Ma il future si costruisce ora! Liberiamo lo spirito e le straordinarie energie, talvolta imprigionate, che caratterizzano la nostra terra». «La fede – ha concluso il Vescovo Galantino -, quella vera, fortifica. E rende possibile anche ciò che sembrava impossibile. Ringrazio i giovani volontari dell’Infopoint ed i tecnici della diocesi, e con loro il clero diocesano, per essere spesi giorno e notte senza risparmio di energie per dar forma e sostanza, in meno di due mesi, a quello che sembrava un sogno: bravissimi! Ringrazio i confratelli vescovi per il sostegno assicuratomi e per l’impegno che prima di me e più di me hanno posto e pongono nel servire in maniera appassionata il nostro territorio. Ringrazio i fedeli, che col loro sostegno, morale e non solo, hanno reso possibile evitare che per l’occasione fossero spesi fondi pubblici, magari a discapito delle tante emergenze che affliggono la nostra Calabria. Ringrazio, in particolare, l’amministrazione comunale di Cassano per la fattiva collaborazione, e con essa tutte le istituzioni e le forze dell’ordine, come pure il mondo del volontariato, per aver contribuito in maniera determinante alla riuscita dell’evento: superando steccati e diffidenze, si è trovata la sintonia necessaria, nel rispetto delle reciproche competenze, per scrivere una pagina che, mi auguro, possa essere sfogliata e letta ogni qual volta ci sarà bisogno di ricordare che l’unità fa la forza e che la Calabria sa e può fare bene il bene». Anche per il Presidente della Conferenza Episcopale Calabra del tempo, Mons. Salvatore Nunnari, oggi Arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano, la visita di Papa Francesco è stata una presenza di grazia, di incoraggiamento e di chiarezza. «Il Papa - questo il pensiero di Mons. Nunnari - ci ha dato la conferma che certi stili di vita non hanno nulla a che vedere con il Vangelo. Chi vive nella violenza, chi rifiuta ogni conversione è una persona fuori dalla comunione ecclesiale. I vescovi calabresi, fin dal 1977, hanno definito la mafia “disonorante piaga della società”. Ora tocca a noi trarre le conseguenze sul piano dei comportamenti pratici. Se i mafiosi sono scomunicati, significa che nella Chiesa non hanno spazio. Mi riferisco al loro eventuale accostarsi ai sacramenti (specie quelli dell’iniziazione cristiana), alla pretesa di fare da padrini al battesimo o alla cresima, al partecipare o addirittura gestire certe processioni, all’inserirsi talvolta nelle confraternite. L’indicazione di Papa Francesco è chiara. Nessun contatto, nessun appoggio anche indiretto o lontano. Aver detto con chiarezza che i mafiosi sono fuori dalla comunione ecclesiale, ci dà forza e coraggio». Alla luce di queste parole, recependo il pronunciamento del Pontefice, la Conferenza Episcopale Calabra ha pensato subito alla formazione del futuro clero di Calabria, istituendo corsi di formazione per la conoscenza del fenomeno ‘ndranghetistico – mafioso, con l’aiuto di esperti. Anche la Calabria non dimenticherà questa preziosa presenza del successore dell’Apostolo Pietro, oggi nella pace eterna.

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