Calabria

Giovedì 21 Novembre 2024

Cosa fare a Pasquetta in Calabria? Ecco cinque mete per una giornata di relax FOTO

Grotta della Trisulina
 
Parco Archelologico di Paludi
Abbazia Santa Maria di Corazzo
Santuario di Montestella

Dopo il lungo periodo legato alla pandemia da coronavirus e dopo l'ultimo lungo inverno, torna la voglia di Pasquetta all'aria aperta ed in compagnia per moltissimi italiani. Meteo permettendo, sono in ogni caso già molti coloro che hanno programmato la classica uscita fuori porta, il pic-nic con parenti ed amici, il pranzo in un agriturismo, la giornata al parco o altro ancora. Anche i calabresi sono pronti a vivere il Lunedì dell'Angelo in totale relax, meteo permettendo. E per i più indecisi, o i ritardatari dell'ultim'ora, abbiamo pensato a qualche luogo di svago e relax da poter segnare sul vostro taccuino.

Immergersi nel percorso della ciclovia Val di Neto (Crotone)

Il 10 marzo scorso nel Crotonese, è stata inaugurata la Ciclopedonale della Val di Neto, un nuovo percorso cicloturistico che, costeggiando il fiume Neto, attraversa il paesaggio incontaminato della principale valle calabrese (insieme a quella del Crati), incontrando aree naturalistiche di pregio, siti di interesse comunitario (SIC), zone speciali di conservazioni (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS). La Ciclopedonale si estende per circa 38 km, attraversa il cuore del Marchesato e collega i comuni crotonesi di Caccuri, Belvedere di Spinello, Santa Severina, Rocca di Neto, Scandale e Strongoli, facendo apprezzare al cicloturista il meraviglioso patrimonio storico, archeologico e religioso che contraddistingue questo territorio con i suoi castelli, le grotte rupestri, i santuari, gli eremi. Quest’opera, che a circa metà strada dal Lago Ampollino si ricongiunge con la Ciclovia dei Parchi della Calabria, è stata realizzata attraverso la riconversione di un’antica mulattiera con l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto ambientale utilizzando materiali eco-compatibili e riducendo i carichi antropici.

Scoprire la Grotta della Trisulina a Papaglionti di Zungri (Vibo Valentia)

A Papaglionti, nei pressi di Zungri, si trova la Grotta Trisulina, scavata nel tufo e ritenuta un ninfeo di Villa romana. La Grotta è interrata in tre lati e è divisa in due navate da quattro archi che poggiano su cinque pilastri che compongono un cripto-portico. La struttura riprende l’architettura tipica della casa romana con due cortili interni. Vi si accede da due scale laterali, la principale a due rampe e quella secondaria a una sola rampa. All’interno, si possono ammirare capitelli corinzi in marmo, capitelli a palmette e resti di colonne granitiche. Sebbene siano in molti a credere che si tratti di un’abitazione di lusso, in realtà la Grotta Trisulina era l’antico Tempio di Santa Rosalia, una delle poche testimonianze della presenza romana del periodo augusteo in Calabria. La Grotta è collocata sulla cima di una collinetta a circa 500 metri sul livello del mare.

Visitare il Santuario di Monte Stella a Pazzano (Reggio Calabria)

L'Eremo di Santa Maria della Stella o Santuario di Monte Stella, situato sul monte omonimo nel territorio del comune di Pazzano, in provincia di Reggio Calabria, è un santuario - si legge nella spiegazione del FAI - creato all'interno di una grotta. Il primo documento sulle l'eremo è il codice greco 598 di Parigi, contenente le opere di Sant'Efrem diacono, e composto dal monaco Michele. Successivamente, con le incursioni saracene Cristodulo, che era l'egumeno dell'Eremo, fuggì a Patmos. Con la fine dell'invasione saracena, Paolo, successore di Cristodulo, tornò a Stilo riportando molti manoscritti che costituirono parte della biblioteca di Santa Maria. Dal 1096, durante il periodo normanno, l'eremo di Santa Maria diventa un monastero minore, come si evince da un documento del Conte Ruggero I, che cedette al vescovo di Squillace, Giovanni Niceforo, l'Abbazia di S. Giovanni Theresti di Stilo, l'Abbazia di S. Leonte, la Chiesa di San Nicola e Santa Maria della Stella. Nel 1522 il monastero diventa Santuario e vi fu collocata per la prima volta la statua della Madonna della Stella o Madonna della Scala. Si pensò fosse origine gaginesca, ma nuovi studi riferiscono con certezza che sia stata scolpita dal siciliano Rinaldo Bonanno per la somiglianza con altre sue opere. Da eremo di Chiesa bizantina diventa così col passare degli anni santuario della Chiesa cattolica, e le vecchie icone bizantine vengono abbandonate, e mai più recuperate ancora ai giorni nostri, in favore della statua della Madonna della Stella. Nel secolo XV il Santuario diventa indipendente da San Giovanni Theresti e i basiliani (Grancia dell'ordine di San Basilio) abbandonarono l'eremo (1670) anche se rimane all'ordine di San Basilio fino al 1946. Il primo parroco si suppone sia stato Marcello Jhodarelli nel 1670. Nel 1965 don Mario Squillace, parroco di Pazzano, scrive un libro interamente dedicato all'eremo: L' eremo di S. Maria della Stella e nel 1998 nella raccolta di poesia A terra mia Giuseppe Coniglio gli dedica la poesia A stida. L'eremo Vi si accede scendendo una lunga scalinata (62 scalini) scavata nella pietra. Nel santuario si trovano, oltre alla statua della Madonna, i dipinti con l'Immacolata Concezione, la Santissima Trinità, l'adorazione dei pastori. Di particolare interesse il frammento di un affresco di arte bizantina, raffigurante Santa Maria Egiziaca che riceve l'eucarestia dal monaco Zosimo. L'affresco si ritiene sia del X-XI secolo, per la particolare caratteristica delle ciocche disordinate della capigliatura della santa; il raffigurare poi una santa anzichè un santo, fa pensare che vi sia stato per un certo periodo un eremitismo femminile. All'interno della grotta vi sono rappresentazioni della Trinità, di Cristo, dell'Arcangelo Michele e la pietà.

Visitare l'abbazia di Santa Maria di Corazzo a Carlopoli (Catanzaro)

L'abbazia di Santa Maria di Corazzo è un'abbazia fondata dai benedettini nel XI secolo in prossimità del fiume Corace in Calabria, ricostruita successivamente dai cistercensi nel XII secolo, danneggiata una prima volta dal terremoto del 27 marzo 1638 e ancora dopo dal disastroso terremoto del 1783. Dopo questa data il monastero venne progressivamente abbandonato e spogliato delle opere artistiche che conteneva: le sue rovine sono visibili in località Castagna, una frazione di Carlopoli, ai confini con Soveria Mannelli. La storia di Santa Maria di Corazzo si incrocia con quella di Gioacchino da Fiore, che qui vestì l'abito monacale, divenendone subito dopo abate. Proprio qui a Corazzo Gioacchino da Fiore scrisse le sue opere principali, aiutato dagli scriba Nicola e Giovanni, quest'ultimo prese il suo posto quando andò lui via. Gioacchino, nonostante fosse l'abate del monastero stava per lunghi periodi lontano da esso a causa del suo impegno a scrivere testi di teologia, fin tanto che nel 1188 fu sollevato dal Papa dal guidare l'abbazia affiliando la stessa, con tutti i suoi uomini e beni, ai cistercensi di Fossanova. L'abate Gioacchino si staccò, quindi, definitivamente da Corazzo trasferendosi prima in un porto di quiete chiamato Pietralata, per poi ascendere in Sila nella primavera del 1189 dove fondò a San Giovanni in Fiore una nuova congregazione religiosa detta Congregazione Florense, approvata da Celestino III nel 1196. Corazzo, Resti della navata centrale Immagine invernale dell'Abbazia di Corazzo Nel 1211, dopo la morte di Gioacchino, l'archicenobio florense avanzò diritti di proprietà sull'abbazia di Calabromaria in Altilia di Santa Severina, ma la vertenza venne risolta per l'intervento del pater abbas sambucinese Bernardo] e dell'imperatore Federico II, in favore dei florensi di San Giovanni in Fiore. Le acque del Corace servivano ad azionare, presso l'abbazia, un mulino e una gualchiera, quindi a fecondare il sottostante territorio agricolo.

Scoprire il Parco Archeologico di Castiglione di Paludi

Il Parco Archeologico di Castiglione di Paludi, dislocato su un’altura (334 m. s.l.m.) articolata in due aree dalla sommità pianeggiante e collegate tra loro da una sella centrale, occupa un’area di ca. 40 ha, in posizione isolata rispetto alle vicine colline dell’entroterra rossanese e a controllo del corso del torrente Coserie, agile via di penetrazione dalla costa ionica verso l’interno. Si tratta di un sito di notevole interesse storico, archeologico e paesaggistico per la straordinaria mole di dati che ancora giacciono “sepolti” al di sotto del manto erboso che riveste il Parco e che solo in minima parte è possibile apprezzare attraverso le vestigia del poderoso circuito murario che, con torri, porte e camminamenti si impone alla vista del visitatore e lo accompagna come silenziosa guida durante tutto il percorso all’interno del Parco. A questo si aggiungano i resti dell’edificio connotato come “teatro” e del cosiddetto “lungo muro” , che accolgono il visitatore subito dopo l’ingresso al Parco e la cui scoperta, nel corso degli anni Cinquanta del secolo scorso, ha permesso di riconoscere nel sito di Castiglione di Paludi, un abitato fortificato databile tra il IV ed il III sec. a.C. Sono i Brettii, popolazioni lucane che dal 356 a.C. insediandosi in Calabria, tra le alture, diventano i protagonisti indiscussi della nostra storia, in un turbinio di forti conflitti con le poleis greche, dislocate a più stretto contatto con le coste e aperte verso il mare e le sue genti. Sarà proprio il contatto con le genti greche a fare dei Brettii, dipinti dalle fonti antiche come pastori ed agricoltori, dediti alle scorribande, un popolo che si connota attraverso la cultura materiale come fortemente “ellenizzato” ossia intriso di cultura greca. E sono proprio i Brettii gli uomini che hanno abitato e vissuto sull’altura che oggi è il Parco Archeologico di Paludi e che qui, tra il IV ed il III sec. a. C., hanno plasmato un abitato fortificato dalle connotazioni fortemente elleniche. Tuttavia, il lavoro di ricerca fatto a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, ha dimostrato che il sito era  occupato già secoli prima, tra il IX e l’VIII sec. a.C., dalle popolazioni indigene (Enotri) che, come gran parte dei siti indigeni coevi, dislocati sulle alture che a mò di corona circondano la piana di Sibari, vengono annientati dall’arrivo degli Achei che, nell’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C., fonderanno la polis greca di Sibari. A Castiglione di Paludi, gli Enotri possono essere conosciuti attraverso le sepolture individuate nella vicina Piano Agretto, scelta per insediare lì “la città dei morti”, utilizzata successivamente anche da parte  dei Brettii,  per le proprie deposizioni funerarie. Ma il Parco di Castiglione di Paludi non è solo questo, perché all’interno di esso il visitatore può muoversi tra i resti delle case private, espressione di una comunità che ha appreso dai Greci anche l’arte di costruire gli spazi domestici e soprattutto l’organizzazione urbana delle superfici destinate alle aree abitative, con una grande strada (plateia) che, intersecandosi ad angolo retto con strade minori (stenopoi), crea gli isolati in cui si dislocano le abitazioni private.    

leggi l'articolo completo