La sanità resta un ematoma stampato sul corpo della Calabria. Una regione che continua a scontare la pena di anni di malgoverno e di spese fuori controllo tra intrecci e sovrapposizioni di una politica interessata solo alle poltrone. E questa prosa contorta ha generato liste d’attesa infinite, Pronto soccorso sovraffollati, ambulanze perennemente in ritardo, sforbiciate al personale e chiusure di luoghi di cura. Spine che continuano a rimanere conficcate nel fianco scoperto di un sistema salute che resta lontano dagli obiettivi minimi dei Lea.
È chiaro che la risalita verso quell’auspicata normalità resta un percorso che si muove in mezzo alle pietre d’inciampo. E non deve sorprendere ritrovare ancora la Calabria (che non è più ultima), con la Sicilia e la Valle d’Aosta, in fondo alla classifica delle regioni e province autonome meno virtuose nei confronti del Sistema di Garanzia 2023 per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Numeri del Ministero della Salute ancora provvisori che continuano a bocciare la Calabria nell’area della prevenzione (insieme alla Sicilia e all’Abruzzo) e in quella distrettuale (non raggiunto il punteggio minimo di 60, con Liguria, Sardegna e provincia autonoma di Bolzano). Obiettivo centrato, invece, nell’area ospedaliera. Ma un solo indicatore positivo non basta perché il nuovo sistema di garanzia valuta inadempiente la regione che non raggiunga il punteggio minimo anche solo in una delle tre macroaree. Solo Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Marche, Umbria, Provincia autonoma di Trento, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Lazio, Campania e Molise raggiungono la soglia minima nei tre indicatori. La novità è che la Lombardia, storica terra virtuosa, non è più nella top five ma precipita all’ottavo posto. Ma si tratta di dati in aggiornamento.
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