
Fuori dal perimetro del cosiddetto interesse pubblico della vicenda giudiziaria che ha investito il governatore calabrese, Roberto Occhiuto, c’è anche un lato umano, intimo e doloroso. La compagna, Matilde Siracusano aveva scelto il silenzio, una delicata discrezione come forma di rispetto. Ma è stata costretta a uscire allo scoperto per evitare che il risvolto pubblico della vicenda potesse essere lasciato alla banalità del pettegolezzo.
«Qualche giornalista mi accusa di essere silente. Forse non mi conosce. O forse finge di non sapere chi sono. Questa indagine ha scatenato un’ondata di indignazione e di solidarietà. Trasversale. Spontanea. Perché le persone vedono, capiscono, riconoscono. E non si lasciano abbindolare da certe operazioni. lo non ho parlato finora per rispetto. Perché Roberto è così: sobrio, discreto, riservato. E perché, a differenza sua, io la fiducia nella giustizia l’ho persa da un pezzo», puntualizza il sottosegretario in un post sui social. La storia provoca, inevitabilmente, ferite. E rabbia. «Associare il nome di Roberto alla parola “corruzione” è una bestemmia. Non una forzatura: una bestemmia. E sì, sono profondamente arrabbiata. Perché so quanta fatica, quanta dedizione, quanto amore ha messo in questa terra. L’ho visto vivere il suo incarico come una missione. Come un ordine sacro. Senza tregua. Senza compromessi».
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