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L’Autonomia “beffa” pure il Nord: se il Sud implode, il Paese affonda

L'attuazione dell'Autonomia differenziata rischia di diventare una beffa solo per il Sud. Paradossalmente, a pagarne gli effetti, potrebbe essere anche quel Nord che la richiede a gran voce. Una simulazione dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani dell’Università Cattolica evidenzia i rischi per la tenuta del Paese. Già, perché ogni punto di Pil trattenuto dalle opulente Regioni del Nord peserebbe oltre tre volte in più per le più “povere” Regioni del Sud.  Le conseguenze di uno scenario simile sono facilmente immaginabili: il collasso economico e sociale sarebbe inevitabile con effetti nefasti su tutto il Paese e in particolare sui territori strutturalmente fragili come la Calabria.
Ma non è tutto: se lo Stato – fanno sempre notare i ricercatori della Cattolica - dovesse intervenire per riequilibrare i conti, rischierebbe di azzerare il suo avanzo primario, un parametro fondamentale per il rispetto delle stringenti regole europee. Attualmente l’economia del Sud vale meno di un quarto di quella nazionale. Nel Settentrione si generano più tasse di quante non ne spendano per il proprio fabbisogno. Andando nello specifico, l’economia del Centro-Nord vale il 78% del Pil nazionale, mentre quella del Sud il 22%. In questa situazione ogni punto di Prodotto interno lordo trattenuto dalle Regioni più “benestanti” peserebbe 3,5 volte in più per quelle più povere.
L’Autonomia differenziata, specifica la simulazione, potrebbe aggravare questo già precario equilibrio. Il progetto delle Regioni del Nord di trattenere maggiore ricchezza sui propri territori appare “lungo, accidentato e per nulla scontato”, viene evidenziato nello studio. A meno di non mettere a rischio il welfare delle Regioni del Sud, storicamente sotto stress, e i conti pubblici “malati” da tempo.

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