Trecento milioni di euro dalla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, altri 725mila dal potenziamento di servizi e infrastrutture di comunità delle aree interne. Poco più di un milione di euro di fondi del Pnrr, dunque, che saranno destinati alla creazione della Zona economica speciale (Zes) unica nel Mezzogiorno. Le proposte del governo per la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e il capitolo Repower Eu includono anche questa strategia che non sta mancando di sollevare polemiche. Soprattutto in un’area, quella del Mezzogiorno appunto, che vive la lotta alle mafie anche nei suoi aspetti più simbolici, fa storcere il naso la prospettiva di togliere quei 300mila euro dalla riqualificazione e valorizzazione dei beni confiscati volte a promuovere sviluppo economico, sociale e civile nelle aree “infestate” dalla criminalità organizzata.
Certo, l’idea inserita nella relazione che il ministro Raffaele Fitto ha presentato al parlamento è quella di portare comunque a compimento tutti i progetti ammessi a finanziamento «ricorrendo a risorse nazionali, al fine di liberare e destinare le risorse corrispondenti del Pnrr» alla creazione della Zes unica. Ma, si sa, un conto è indicare dove si intenda prendere le nuove risorse, un conto è trovarle in concreto.
Stop imprevisto A dicembre dello scorso anno era stata approvata la graduatoria dei progetti ammessi a finanziamento (242 per quasi 250 mln, altri 12 con procedura negoziale per 50 mln). Tra i centri calabresi interessati (per 58 mln), la Città metropolitana di Reggio Calabria, i Comuni di Lamezia Terme, Palmi, Caulonia, Gioiosa Ionica, Rosarno, Nicotera, Tropea, Bagnara Calabra, Gioa Tauro, Melito Porto Salvo, Davoli, Corigliano-Rossano e diversi altri enti e associazioni.
Di fatto, con la decisione di definanziare la misura con il Pnrr spostando tutto su altri fondi sospende l’iter portato avanti fin qui.
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