Ricorso inammissibile e operato della Regione “salvo”. La Corte costituzionale ha infatti stoppato il ricorso presentato dal governo nazionale sulla legge calabrese (approvata la scorsa estate a Palazzo Campanella) che ha consentito l’assunzione di medici specializzandi per fronteggiare l’emergenza Covid. Palazzo Chigi contestava la violazione degli articoli 3 e 117 della Costituzione perché la Regione «organizza e riconosce percorsi formativi dedicati all’acquisizione di competenze teorico-pratiche negli ambiti di potenziale impiego di medici privi del diploma di specializzazione», violerebbe le previsioni statali che demandano la valutazione dell’esperienza formativa alle scuole di specializzazione nell’ambito del sistema universitario, peraltro in un settore sul quale incide la normativa europea». Dal canto suo, la Regione ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per genericità, insufficiente motivazione a fondamento delle censure nonché mancata e/o erronea indicazione dei parametri interposti. Secondo i giudici costituzionali, che si sono occupati del caso, «la legge, oggetto di impugnazione, ha, nel suo complesso, un orizzonte temporale limitato, insito nella finalità di fronteggiare le straordinarie esigenze di incrementare le risorse del settore sanitario a seguito dell’emergenza pandemica; limite che, quanto alla transitoria ed eccezionale possibilità di ricorrere all’apporto di medici mediante incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, si rinviene anche nella disciplina posta dal legislatore statale per far fronte alle medesime esigenze con il ricorso a tale tipologia di incarichi. Si tratta, quindi, di una normativa ad tempus, destinata ad esaurirsi». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria