Spendere tutte le risorse - dal Pnrr ai Fondi di sviluppo e coesione - per evitare di restituire i soldi all’Unione europea, è ormai diventata la priorità del governo. Per farlo, però, c’è bisogno di una catena istituzionale perfettamente funzionante. Non solo governo e Regioni, ma anche altri enti intermedi. Tra questi, ci sono sicuramente le Zone economiche speciali, che nei progetti del ministro per il Sud, Raffaele Fitto, potrebbero fungere da acceleratore delle politiche di sviluppo.
D’altronde, la“ ”torta” da spartire è veramente grande. Basti pensare, soltanto per restare ai fondi Fsc, che andranno ripartiti tra le Regioni del Mezzogiorno 22 miliardi. Alla Calabria, secondo le interlocuzioni risalenti al precedente esecutivo quando c’era Mara Carfagna al vertice del dicastero, sarebbero dovuti andare 2,7 miliardi per investimenti sul territorio. Non si sa ancora se quella cifra, adesso, sarà ritoccata al rialzo o al ribasso. Molto dipenderà dalla trattativa appena avviata tra lo stesso Fitto e il presidente calabrese Roberto Occhiuto.
In ogni caso, il ministro di Fratelli d’Italia ha già fatto sapere di ritenere centrali, in questo disegno, il ruolo delle Zes. Da qui l’idea, già illustrata ad alcuni suoi interlocutori, di voler creare una sorta di coordinamento delle Zone economiche speciali - con controllo politico esercitato dal Ministero da lui stesso retto - da affidare ai commissari che più si sono distinti per capacità gestionali e manageriali. Il nome di Giosi Romano, attuale responsabile della Zes Calabria e di quella Campania, è tra quelli maggiormente accreditati.
Creare una cabina di regia tra le Zes, inoltre, consentirebbe ai responsabili degli stessi enti di avere più peso contrattuale nell’attuazione di ciò che la legge consente di fare, ovvero di fungere da stazione appaltante per tutte le realtà meridionali che non riescono a far partire i progetti del Pnrr.
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